“Nunc dimittis… in pace”

Era ieri. Solo poche settimane fa. L’ultimo tratto di strada nel percorso della vita poteva avere il volto del vecchio Simeone: consapevole, fiducioso, pacificato.Accompagnato con cure palliative, accolto nell’ambiente protetto dell’hospice.
La pandemia ci ha fatto conoscere come possa essere brutale la morte nella solitudine e nell’abbandono. L’esatto contrario di quanto l’impegno di medici, infermieri, personale di assistenza e attività di volontariato erano riusciti a produrre.
Il modo di prendere congedo dalla vita che il video rappresenta non è un sogno irrealistico da abbandonare. E’ un’eredità preziosa. La facciamo scorrere davanti ai nostri occhi per non dimenticarla. E per impegnarci a farla tornare a essere un sogno realizzabile.

Comments 18

  • VIOLETTA PLOTEGHERLuglio 2, 2020 alle 17:34

    Quando ho visto la prima volta il video ho avuto un momento di rifiuto. Penso perché l’ho visto in fretta e in un momento in cui mi sentivo troppo coinvolta in vicende di vita e di morte nell’ambito familiare. Mi era sembrato che nel video ci fosse un “rifugio” nella fede religiosa per affrontare il dolore esistenziale della morte ( del corpo come prigione di malattia e destinato al morire) . Ma la visione religiosa è una esperienza personale che non porta serenità per tutti, perchè dipende molto da quello che ti è stato trasmesso. Erano giorni insomma nei quali la paura del morire mi interrogava personalmente e dovevo affrontarla dentro di me per essere realmente di conforto agli altri. Nei giorni successivi l’ho rivisto con più calma. L’ho rivisto in momenti diversi, lasciandomi trasportare dalla bellissima musica di Bach e meditando sulle parole del testo. Ho pensato che un balsamo per l’anima che affronta il tema della morte sta nella relazione amorevole di vicinanza e rispetto con qualcuno che ci riconosce la diversa esperienza soggettiva che ciascuno di noi fa rispetto al significato del vivere e del morire. Ogni volta che rivedo il video mi offre qualcosa di nuovo, ma il tema di fondo che mi trasmette sempre è quello della gratitudine per aver potuto sperimentare la vita.
    E’ un video poetico. Sono grata a chi vi ha lavorato per produrlo e anche alle persone ritratte nelle foto che mi hanno trasmesso, con l’intensità profonda del loro sguardo, un messaggio di grande serenità e accettazione della fragilità della vita.
    Sul tema delle cure palliative credo davvero che ci sia da favorirne la diffusione il più possibile, negli hospice ma anche a domicilio e nelle rsa, insieme ad una grande attenzione all’accompagnamento spirituale come una dimensione molto importante per le persone in fine vita e per i loro familiari. Penso inoltre che la crudele distanza fisica imposta in questo periodo per evitare il contagio, che ha impedito a tante persone di morire avendo vicino le persone care, sia stata un’ esperienza lacerante anche per gli operatori sanitari. Questo ci chiede di pensare in modo più profondo alle relazioni fra le persone che sono impegnate nella cura e i pazienti anche rispetto all’assistenza in fine vita Credo che questo tuo video, oltre a valorizzare l’esperienza della cura in hospice, possa essere anche un bellissimo strumento di formazione e di crescita personale. lameno per me un pò lo è stato.

  • MARIO GNOCCHIGiugno 15, 2020 alle 12:05

    Un video bello, direi raffinato. Comunica certamente un senso di pacificazione, di armonico compimento, cui contribuiscono intensamente la sequenza pittorica e, soprattutto, le note della cantata di Bach (con quel timbro sonoro della voce, adatta al contesto). Per quanto riguarda le immagini, le impressioni di luce, di aperture, di morbidi e sereni paesaggi un po’ declinanti non sono difformi da ciò che il video intende trasmettere. Si respira un senso riconciliato, disteso (non teso, appunto, allentato, addolcito) del tragitto conclusivo della vita (conclusione della vita, non morte). Proprio come il concludersi di un pezzo musicale, con le note che si spengono ma con il canto che non si è interrotto, che si prolunga interiormente.

    Tra gli aspetti più suggestivi del video è senz’altro il riferimento al “Nunc dimittis” di Simeone.

    Mi pare pertinente la definizione data nella nota introduttiva: un sogno realizzabile.

  • LUISA SESINOGiugno 4, 2020 alle 15:06

    All’inizio del video ero un po’ disorientata, forse perché istintivamente mi aspettavo un genere “hospice” che sovente punta sul sentimentalismo, invece poco a poco sono entrata e mi ha toccato molto profondamente. Ha una bellissima forza simbolica. L’insieme ben armonizzato di tutti gli elementi fa sì che in ogni particolare si riveli il significato di un altro con un forte effetto “sinfonico”, stratificato e quindi trasparente, profondo. Certo, per me la forza è nella musica del divino Bach che ha un potere trasfigurante su tutto ciò che abbraccia. L’atmosfera elegante della cantata mi ha fatto l’effetto del fondo d’oro di un’icona in cui sono stata raggiunta dai volti, spesso davvero sorprendenti.
    Sentimentalismo mai, ma una commozione quieta e profonda che mi ha sorpresa.

  • PAOLA CABIBBOMaggio 27, 2020 alle 08:57

    Ho ammirato la Cantata, il montaggio, le singole foto delle persone e della natura. l’idea portante.
    Malati ben accuditi, begli spazi lindi, molti di loro sorridono, sembrano sereni, in pace.
    Che siano alla fine del perorso ce lo dicono in apertura l’indicazione del loro luogo di residenza: Hospice.
    (che parola triste, evocatrice di miseria)
    e l’insistenza sulle immagini della (madre)terra del bosco, intercalate coi rami in fiore
    e tutti quei fogli sparsi,
    tracce forse di ultime volontà, di messaggi a chi resta.
    Ma non danno l’impressione di persone ansiose di arrivare alla fine,
    come suggerirebbe invece la Cantata.
    Si può anche accettare la propria fine così, in serenità, mi comunica il video,
    accoglierla come evento naturale senza angoscia, senza sofferenza, paura o rabbia alla Ivan Ilich.
    Mi comunica con poetica, rigorosa, efficace drammaticità che un’altra morte è possibile se qualcuno si prende cura di noi.
    Con personalizzata professionalità: difficile tradurre “takes care”.

    Perché del palliativo si parla così poco, mentre dovrebbe interessare tutti?

  • ROBERTO RENZIMaggio 26, 2020 alle 11:01

    Nella serenità delle immagini ho inizialmente rivisto “la fine della canzone” dei miei genitori. Poi, con un po’ di ansia e di mestizia’ mi ci sono visto io … Fortuna che c’era Bach a consolarmi!

  • NINO MAONEMaggio 26, 2020 alle 09:05

    Ciò che mi ha più colpito di questo bellissimo video è l’effetto rasserenante.
    Mi è venuta in mente una frase di Kafka:

    „Tu puoi tenerti lontano dai dolori del mondo, sei libero di farlo e risponde alla tua natura, ma forse proprio questa tua astensione è l’unico dolore che potresti evitare.“

  • ANNAMARIA MARZIMaggio 26, 2020 alle 09:03

    Gli scatti sono di grande bellezza e poesia, e il video nel suo complesso restituisce una sensazione di pace, serenità, tenerezza.

    I visi, le posture dei corpi, la luce del dentro e del fuori, la naturalezza con cui ci si concede all’occhio della camera trasmettono la dignità della vita, di ogni vita che, anche e soprattutto nella malattia, richiede di essere riconosciuta, curata e difesa. Traspare una luminosa fragilità, che mai come questo tempo ci suggerisce di imparare ad amare e custodire.

  • PAOLO ZATTIMaggio 25, 2020 alle 15:51

    Un consiglio a coloro che si apprestano a guardare il video: n.on guardatelo tra una cosa e l’altra, ma quando avete un momento di calma.
    Il tema è la fine della vita. Io lo ho sentito come delicato, misurato, rispettoso delle persone e non invasivo anche per chi lo veda/ascolti da non credente. Il tema “Ich habe genug” della cantata è biblico/evangelico, ma la “sazietà” che addita è anche una sapienza laica.

  • ALFREDO ZUPPIROLIMaggio 25, 2020 alle 15:50

    “…Se il mio addio fosse ora, direi con gioia al mondo: ho quanto basta”.
    Ecco, questo “genug”, questo “quanto basta” raccoglie tutto il senso di quel lungo lavoro di comunicazione, consapevolezza, comprensione, che solo le cure palliative possono consentire. Qui non contano il livello di emoglobina, la frequenza delle pulsazioni cardiache o i valori di pressione arteriosa, contano gli sguardi, i sorrisi, questa simbiosi tra architetture, umani, animali e mondo vegetale, una “vita” agli sgoccioli, simboleggiata dalla natura in inverno, ma pur sempre Vita…
    Struggente la musica, le parole – seppur religiosamente orientate – assumono un valore universale, che tocca la dimensione spirituale di ognuno a prescindere dalla fede specifica.

  • COLETTE KLEEMANNMaggio 25, 2020 alle 15:50

    Voici les mots qui me viennent à l’esprit :

    – Crainte : Oui, je suis exposée à la fin de vie, comme tous ceux présents par les photos . Crainte de la solitude ? Crainte que la vie soit finie ?

    Admiration pour la sérénité exprimée par les personnes sur les photos, pour leur acceptation sereine.

    -Extraordinaire musique de Ich habe genug. (Désir de retrouver ce BWV 82.

    Et revu la vidéo une seconde fois pour réécouter la sérénité de la musique.)

    Apparemment je ne suis pas prête à dire ich habe genug d’où le premier sentiment de crainte. Difficulté à lâcher la prise sur la vie, difficulté de dire en avoir assez dans le sens d’être content de tout ce que la vie a donné . Puis la vidéo apporte une grande vague de sagesse, de dignité, d’acquiescement, de paix.

  • ORESTE TOLONEMaggio 25, 2020 alle 15:49

    Il video riesce a trattare un tema molto spinoso,
    esaltando il fondamento poetico e religioso dell’esistenza.
    La scelta musicale mi sembra davvero adatta, ed esprime
    insieme lo strazio e la speranza dell’ultimo tratto di strada,
    quello in cui – diversamente da quanto pensa Epicuro –
    siamo e non siamo allo stesso tempo.
    Inoltre l’espressione tedesca, ich habe genug, rende bene questo duplice
    segno; esso infatti significa sia “avere quanto mi basta”, sia “averne abbastanza”,
    come d’altronde si evince nell’ultima strofa della cantata di Bach.
    Anche le foto mi piacciono.
    Forse, il desiderio che ho provato negli ultimi 2-3 minuti del filmato
    di giungere rapidamente alla conclusione esprime. più che una valutazione estetica,la paura e la preoccupazione di non sapere accettare una così lunga prova.

  • ANNAMARIA FANTAUZZIMaggio 25, 2020 alle 15:48

    Ho visto e condiviso con parenti e colleghi il video. Molto bello, profondo e curato in ogni dettaglio. “Ho quanto basta” è un leitmotif che ho sempre sentito ripetere in Africa tra i bimbi e gli anziani del villaggio

  • MANUELA GARBELLAMaggio 25, 2020 alle 15:47

    Mi hanno toccato i volti, la musica, le parole, la fede.
    La speranza, a prescindere.
    E la dignità.

  • UBALDO SAGRIPANTIMaggio 25, 2020 alle 15:47

    Ho guardato – e riguardato più volte- il video e ne sono profondamente ammirato. La regia è intensa e racconta con continuità sposando felicemente nella successione iconografica il messaggio della cantata. Le foto, d’altro canto, sono molto belle e ispirate. Chi ha attraversato quei luoghi li riconosce immediatamente, chi no, ne sarà sicuramente colpito; in entrambi i casi la solidità della composizione arriva nettamente. Il tema è difficilissimo poichè questo nostro mondo vive stabilmente nella negazione della morte e solo questi ultimi mesi hanno costretto tutti a una riflessione sul fine vita. L’opera in sè è senza dubbio ottima tecnicamente e umanamente commovente. Posso solo augurarle la diffusione che merita e che il messaggio che porta raggiunga sopratutto i più superficiali e dubbiosi guidandoli alla fonte dell’amore e del rispetto umano.

  • EDOARDO MANZONIMaggio 25, 2020 alle 15:46

    Il video è un sasso lanciato, che scuote lo stagno.

    In questi tempi abbiamo usato termini strani: guerra, battaglia, sconfitta, come ci fosse un nemico diverso da noi da annientare. per tornare alla celebrazione di un superuomo che rinnega la morte.

    Questa è la proposta di una lettura completamente diversa di questa vicenda, attraverso la sazietà di una vita dopo un incontro. Mi è piaciuto molto e mi ha fatto bene.

  • NICO NAUMANNMaggio 25, 2020 alle 15:45

    E’ un video commovente certamente per la musica e il testo di Bach.
    Le foto variano e non tutte le persone mi sembrano arrese alla fine della loro vita o forse il sorriso rappresenta una quiete d’anima che può venire da una fede solida?
    L’anno scorso una zia di 94 anni che viveva nella sua casa con due figli nello stesso palazzo si è lasciata morire. Non ha più voluto magiare e bere ed e morta in pochi giorni. Non era ammalata grave ma era stanca di vivere , forse aveva “fatto pace” con la morte. Purtroppo non sono potuto andare a visitarla cosi che mi rimane un dubbio se era felice della sua scelta.

  • GIOIA DI BIAGIOMaggio 25, 2020 alle 15:45

    Non credo sia possibile un montaggio più delicato e sensibile. Il brano ich habe genung con la relativa traduzione è una bellissima idea, un brano che suggerisce altresì di non affannarsi, un brano che celebra la
    Morte tanto quando la Vita.
    Le foto sono belle. Mi ha ovviamente colpito la foto del signore sul lettino piazzato sotto un albero. Quando sarò molto molto cresciuta mi piacerebbe esser trattata così. In primavere ed estate, messa all’ombra di un albero.
    Penso che questo video sia davvero straordinario un mes.saggio rispetto al difficile momento che hanno vissuto gli hospice per lo sterminio silente e solitario che vi ha portato la pandemia.

  • ANTONIO AUTIEROMaggio 25, 2020 alle 15:43

    La realizzazione del video é di qualità imponente, per la scelta dei motivi che si intrecciano, da quello musicale – “Ich habe genug” di Bach – a quello della rappresentazione scenica. Mi colpiscono alcuni elementi che credo facciano da sottotesto al modo di affrontare il tema della fase finale della vita: il gioco di finestre illuminate e finestre spente – una bella maniera per creare indizi, rimandi, suggestioni che vita e morte é lo stesso gioco di specchi come luce e buio. E lo sfondo di alberi rivestiti dei colori d’autunno fanno capire il susseguirsi delle stagioni della vita. Se ho visto bene, da qualche parte compare una porta a cui é appeso un fiocco rosa… altro bell’intreccio tra ciò che termina e ciò che comincia.
    I soggetti ritratti nel filmato trasmettono un’idea di autenticità – il loro non parlare li rende loquaci nel egsto, negli sguardi, nel modo di accarezzare il gatto o di suonare il piano: parole dalla vita e non dalla bocca!

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