Sandro Spinsanti
con la collaborazione di Dagmar Rinnenburger
Sulla terra in punta di piedi
INDICE
Introduzione
Parlare di spiritualità, con non poca presunzione
Parte prima. Le strade che possono portare dove non vorremmo
1. La spiritualità come professione
Una vita intera sotto il segno della religione
Chiamate il cappellano
Il volontario (sì, ma con misura!)
Bibliografia
2. Le sofferenze ingiustificate, in nome dell’etica
La cecità dell’etica medica
La spiritualità oppressiva
Bibliografia
3. La spiritualità e le sue tecniche
La spiritualità tradotta in pratiche
Dall’India, dalla Cina...
La meditazione: spiritualità e salute
Mindfulness-based stress reduction
Bibliografia
Parte seconda. Intersezioni di percorso
4. L’incontro con la religione: dove sta di casa la spiritualità?
Qualcosa difficile da definire
Spiritualità: la via dell’esperienza
Guarigione e salvezza
La laicità fa bene alla religione
Bibliografia
5. L’incontro con la psicologia: in cammino verso il Sé transpersonale
Crescere per saper abbracciare la morte
La psicologia delle altezze e dell’autorealizzazione
Il counselling (che non è l’arte di dare consigli...)
Bibliografia
6. L’incontro con l’arte:
la creatività artistica come terapia
La scienza: “tutto il resto è poesia”
Le medical humanities e l’integrazione delle “due culture”
Oltre la “bellettristica”: le arti come interlocutrici
L’arte per affacciarsi sulla vita oltre la malattia
Bibliografia
7. L’incontro con l’ecologia:
una spiritualità impastata di terra
Il grido della terra
Il cristianesimo sotto accusa
La revisione dei miti
Ascetica volontaria
Bibliografia
8. L’incontro con il nutrimento:
alimentare il corpo, nutrire lo spirito
Quando mangiare è un sintomo
Il cibo come problema spirituale
Bulimia e ascetismo
“Sazi di giorni...” e di cibo
Bibliografia
9. L’incontro con gli animali:
la grande famiglia dei viventi
Che ha a che fare la scimmia Titus con la Bibbia?
Biosfera, bioetica, etica della vita animale
La spiritualizzazione degli animali
Gli animali nel progetto di cura
Bibliografia
Parte terza. Spiritualità e medicina
10. Che cosa ci aspettiamo dalla cura?
Quando il sogno è tornare come prima: un viaggio in un paese straniero
La salute sufficiente per il lungo viaggio nella cronicità
La grande salute
Bibliografia
11. Il buon uso dei luoghi di cura
Dove vengono erogate le cure?
L’ospedale: una “macchina per guarire”?
Curarsi a casa
Residenze sanitarie od ospizi?
L’hospice: il luogo delle cure supreme
Quando la pandemia spariglia i luoghi della cura
Bibliografia
12. Che cosa può la spiritualità
contro la “dis-umanizzazione” in medicina?
Umanizzare le cure: un progetto dai molti volti
Professionisti sanitari formati alla “dis-umanità”
Relazioni di cura in modalità professionale
Bibliografia
13. Le esperienze estreme: pre-morte e peri-morte
La sindrome di Lazzaro
La medicina si affaccia sull’aldilà
Una “competenza spirituale” auspicabile
Bibliografia
14. La spiritualità nell’ultimo tratto di strada
Sotto il segno dell’estetica
Inseguendo la stella dell’etica
Parole oneste, parole giuste
Cercare la vita nella morte
Bibliografia
Conclusione
Nascere, amare, morire: le cose serie della vita, il campo da gioco della spiritualità
Introduzione
Parlare di spiritualità, con non poca presunzione
Sulla terra. È il primo punto fermo di un lungo percorso sotto il segno della spiritualità. L’obiezione è ovvia: ma la spiritualità non dovrebbe indirizzare lo sguardo all’orizzonte celeste, al di là della terra? Tradizionalmente la spiritualità è correlata al polo opposto sia della materialità, sia dell’interesse terreno. Anche la spiritualità non è più quella di una volta? È ben vero che il destino della terra – e quindi di tutti coloro che la abitano – è entrato prepotentemente al centro delle preoccupazioni dei più responsabili. Si tratta di un’emergenza: nel senso di una situazione che ci chiama ad agire subito; è anche un’emergenza secondo il significato etimologico della parola: ciò che era sommerso emerge, lo sfondo diventa figura, in un cambio di Gestalt. Emergenza, dunque, in senso temporale, ma anche spaziale: vediamo il profilo della vita come mai ci era apparso in passato. Se vogliamo che la nostra avventura sulla terra continui, dobbiamo prendere immediatamente delle decisioni che riguardano il nostro modo stesso di vivere. È questo il volto concretissimo della spiritualità.
Mettersi sulla punta dei piedi: è la seconda immagine per dare corpo alla spiritualità che andremo a esplorare. Licenziato il mito della terra da calcare da padroni, adottiamo un atteggiamento non solo rispettoso, ma il più leggero possibile. Stando sulla terra in punta di piedi, cerchiamo di minimizzare la nostra impronta ecologica: quella che implica consumo e violenza. La spiritualità ci appare ancora, come ci ha trasmesso la tradizione, un modo di elevarsi: solo innalzandoci verso l’alto abbiamo qualche chance di sopravvivere. Perché potremo
sopravvivere solo se sapremo sopra-vivere.
È questo il cammino della cura. Prenderci cura di noi stessi, mirando all’autorealizzazione. Gli esseri umani non sono pienamente tali fin dalla nascita, destinati, come gli animali, a essere guidati da forze istintuali. Abbiamo la potenzialità di diventare pienamente umani, una potenzialità che possiamo attuare o lasciare incompiuta. Non siamo esseri umani per natura: siamo solo programmati per diventarlo. Con sforzo. Quello di alzarsi sulla punta dei piedi ci richiama visivamente ciò che qui chiamiamo spiritualità.
La spiritualità ci chiede di prenderci cura gli uni degli altri: nei rapporti di intimità come in quelli sociali. Prenderci cura della vita, in tutte le sue forme, comprese quelle animali e vegetali. Prenderci cura dei viventi quando diventano fragili e declinano verso la fine del loro ciclo vitale. Ricorrendo alle professioni di cura e alla pietas che dà forma a un’umanità pienamente realizzata. È questo il profilo a tutto tondo della spiritualità che siamo chiamati a vivere.
La spiritualità ci appare così non come un capitolo separato dalla vita, privilegiato e aristocratico: è piuttosto sinonimo della vita stessa. Equivale all’avventurosa vicenda di diventare uomini. Corrisponde a un’intensificazione dell’esistenza: per questo non dovrebbe mai essere distaccata dalla vita nella concretezza della sua quotidianità.
Avvicinarsi alla spiritualità è delicato: i fraintendimenti possono portarci dove non vorremmo. Per questo la prima parte dell’esplorazione sarà destinata ai chiarimenti. Sia negativamente, dissociando la spiritualità chiamata a intervenire nei percorsi di cura da moralismi indebiti; sia positivamente, familiarizzandoci con le tecniche che vengono utilizzate.
In un secondo momento allargheremo lo sguardo agli orizzonti più diversi che interferiscono con la spiritualità: la religione e la psicologia, l’arte e l’ecologia, il nutrimento e il rapporto con gli animali. La spiritualità acquisterà così profili molto concreti, intrecciata com’è con la vita di tutti i giorni. Anche nel suo profilo laico, sotto il segno di una secolarità svincolata dalla religione. Anche i percorsi spirituali vestiti di laicità hanno pieno diritto di cittadinanza. La spiritualità non è riducibile a qualche pratica devozionale o a esercizi tecnici più o meno esotici,
in dissonanza con una vita scorretta. E “tutto è connesso”: è il principale insegnamento che ricaviamo dalla riflessione sulla spiritualità.
Nell’ultima parte il nostro sguardo si focalizzerà sui percorsi di cura. La riflessione ci porterà a scoprire quanti volti diversi può assumere la guarigione, quali correttivi è in grado di portare la spiritualità ai rapporti disumanizzanti in medicina e soprattutto come può dar forma al “buon morire”, quando la fine della vita incombe. Anche in questa prospettiva incontriamo la spiritualità non come qualcosa di residuale, da invocare quando il percorso di cura è costretto a confrontarsi con l’esaurirsi delle risorse terapeutiche: la spiritualità innerva tutto il percorso della cura. Spiritualità può essere, a buon diritto, un altro nome per la cura, quando questa non si lascia ridurre a una semplice riparazione.
Nel libro sono confluite idee di pensatori, scrittori, registi, dai quali ho attinto spunti di riflessione. È presente anche il contributo, in maniera anonima, delle tante persone, soprattutto professionisti della sanità, che ho incontrato e con le quali ho condiviso l’ideale della cura, sotto diverse etichette: bioetica, cure palliative, medicina narrativa, slow medicine e, la più inclusiva di tutte, medical humanities. Mi auguro che riconosceranno il frutto di un arricchimento reciproco. Ma soprattutto è presente Dagmar Rinnenburger: pneumologa, esperta di
cronicità. Anche di quella “buona cronicità” che ha preso forma nel matrimonio che ci unisce nella vita. Il libro è stato con lei immaginato e discusso; al suo contributo specifico sono dovuti i capitoli dedicati alle tecniche di meditazione, alle esperienze estreme di peri-morte e alle conseguenze della pandemia di covid-19 sull’organizzazione delle cure e sulla vita sociale.
Articolo di Alberto Piccioni su Cultura e Società dell'8 aprile 2022
