L’impatto sociale delle tecnologie di riproduzione

Sandro Spinsanti

L'IMPATTO SOCIALE DELLE TECNOLOGIE DI RIPRODUZIONE

in Secondo rapporto sulla famiglia in Italia

Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991

pp. 335-369

335

1. PREMESSA

1.1. La riproduzione mediante l'ausilio sistematico di tecnologie biologiche e mediche è recente nella storia dell'umanità. Se l'inseminazione artificiale conta già più di un secolo di vita i, il primo successo di fecondazione in vitro risale solo al 25 luglio 1978, con la nascita ― ben presto assurta a simbolo ― di Louise Brown in Inghilterra. I numeri che misurano le dimensioni del fenomeno rimangono sostanzialmente piccoli. In Francia, il Paese che dispone dei dati più attendibili in questo ambito, si calcola che, dopo la nascita di Amandine nel 1982, nei sei anni seguenti siano venuti alla luce appena 4 mila bambini-provetta. Ma il significato simbolico, culturale e sociale dell'innovazione supera ampiamente la rilevanza numerica di queste nascite. Come il primo passo degli astronauti sulla Luna ― quel goffo balzo che ravviva miti e condensa simboli, veicola paure e dà corpo a speranze ―, così la possibilità di procreare mediante

336

le tecnologie biomediche acquista il valore di una svolta storica nel dominio dell'uomo sulla natura.

La riproduzione artificiale presenta un grappolo di problemi che solo con difficoltà possiamo tenere separati. Le tecniche in questione producono embrioni in soprannumero, sul cui statuto giuridico e sulla cui sorte bisogna raggiungere un consenso ed eventualmente stabilire un controllo.

La ricerca e la sperimentazione scientifiche sui prodotti del concepimento, insieme alla possibilità di intervento sulla vita: mediante l'ingegneria genetica, presentano altrettanti interrogativi che sfidano le concezioni antropologiche, etiche e giuridiche della nostra società.

Tutte queste problematiche, che costituiscono uno dei più importanti punti focali di quel dibattito contemporaneo noto come bioetica, non possono non essere tenute presenti, almeno in obliquo. Tuttavia il nostro interesse andrà soprattutto alle ripercussioni che le nuove tecnologie di riproduzione hanno sulla famiglia come sistema di relazioni sociali ii. Pur non dimenticando che tali pratiche hanno conseguenze di ampia portata sul divenire dell'essere umano, considereremo in modo particolare il loro impatto sui rapporti sociali: la concezione del bambino nell'immaginario della coppia, la ridefinizione dei sessi nella procreazione, la destrutturazione delle categorie antropologiche essenziali del nostro sistema di parentela.

Anche per quanto riguarda le misure legislative e amministrative necessarie per esercitare un controllo sul diffondersi delle tecnologie legate al progresso genetico, limiteremo la nostra attenzione alla riproduzione umana.

1.2. In una prima parte (paragrafi 2-6) cercheremo di stabilire i punti di riferimento essenziali per procedere a una valutazione sociale delle tecniche di riproduzione artificiale. Nell'impossibilità di accogliere una loro descrizione analitica, ci limitiamo

337

alla sommaria presentazione dello «stato dell' arte» fornito dalla tabella 1, la quale mostra le varie possibilità combinatorie.

La valutazione sociale comprende la discussione sull'attendibilità dei dati forniti e un giudizio su tali pratiche da un punto di vista globale. A tale fine, il beneficio strettamente sanitario verrà confrontato con criteri propri delle scienze sociali, della psicologia e del diritto, cercando così di approssimarci a una valutazione antropologica inclusiva dei diversi aspetti.

La seconda parte (paragrafi 7-9) analizzerà gli strumenti legislativi messi in atto per controllare socialmente le pratiche di riproduzione artificiale, considerando successivamente le normative internazionali, le direttive provenienti da organismi soprannazionali europei e i tentativi di introdurre una legislazione adeguata in Italia.

2. LE TECNOLOGIE RIPRODUTTIVE TRA GIUDIZIO E VALUTAZIONE

2.1. La prima impressione nell'avvicinarci al fenomeno è che la modalità di diffusione delle pratiche di riproduzione artificiale abbia condizionato pesantemente qualsiasi approccio. rivolto a una valutazione empirica piuttosto che ideologica. I mass media sono stati il veicolo privilegiato di conoscenza e di promozione sociale, e lo hanno fatto sottoponendo il fenomeno alle loro leggi.

Da questo punto di vista, possiamo parlare senz'altro di una «riproduzione spettacolo», con tanto di prime e di lanci pubblicitari, accompagnati da un'abile orchestrazione del consenso. Il sensazionalismo ha dominato la scena. Per riferirei alla situazione italiana, possiamo facilmente ripercorrere le tappe principali di questa mobilitazione generale dell'opinione pubblica: dai casi giudizi ari collegati con l'intervento di un donatore nell'inseminazione eterologa iii alla nascita della prima

338

Tabella 1. Sedici modi per venire al mondo. Utilizzando una serie di incroci tra tecniche di fecondazione e donatori, si ottiene una quantità di metodi diversi per poter avere un figlio: addirittura 15, oltre quello naturale

MASCHIO

FEMMINA

SEDE

DELLA

FECONDAZIONE

SEDE

DELLA

GRAVIDANZA

NOTE

1. Marito

2. Sostituto

3. Marito

4. Sostituto

5. Marito

6. Sostituto

7. Marito

8. Sostituto

9. Marito

10. Sostituto

11. Marito

12. Sostituto

13. Marito

14. Sostituto

15. Marito

16. Sostituto

Moglie

Moglie

Moglie

Moglie

Sostituta

Sostituta

Sostituta

Sostituta

Moglie

Moglie

Moglie

Moglie

Sostituta

Sostituta

Sostituta

Sostituta

Utero moglie

Utero moglie

Laboratorio

Laboratorio

Laboratorio

Laboratorio

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero moglie

Utero moglie

Laboratorio

Laboratorio

Laboratorio

Laboratorio

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero moglie

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Utero sostituto

Accoppiamento naturale o Iam

Iad

Fiv

Fiv con sperma donato

Fiv con ovulo donato

Fiv con entrambi i genitori donati (o con l'embrione donato)

Iam con donna donatrice e lavaggio uterino

Iam con donna donatrice e lavaggio uterino

Madre sostitutiva

Fonte G.B. Ascone, L. Rossi Carleo, La procreazione artificiale. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1986.

339

bambina concepita in provetta; dal dibattito su Teresa, la bambina di Napoli nata con predeterminazione del sesso (1987), a quello più recente sulla madre-sorella (gestazione da parte della figlia di un embrione concepito con l'ovulo prelevato dalla madre).

Oltre al sensazionalismo, ai media va attribuita la strategia di creare il consenso servendosi di una forte enfatizzazione delle sofferenze delle coppie sterili. Alla compassione è affidato un compito di avallo di ogni pratica: in nome del risultato, presentato come una risposta efficace al dolore di una sterilità non voluta, viene sospesa qualsiasi considerazione di ordine psicologico, sanitario, economico, giuridico, etico. Secondo la sociologa Louise Vandelac, le analisi critiche, che pure non sono mancate, non sono riuscite a produrre una vera valutazione sociale delle nuove tecnologie di procreazione: «Forse la fecondazione in vitro ― presentata da un lato come un exploit scientifico e l'incarnazione del progresso, e dall'altro come una mutazione della generazione, della filiazione, addirittura dello stesso essere umano ― ha allo stesso tempo affascinato le persone e paralizzato la loro capacità di pensare. È come se la radicalità e l'ampiezza dei problemi sollevati avessero avuto un vero effetto di assiderazione collettiva» iv.

Si rivela un'adeguata descrizione della realtà anche la denunciata mancanza di una «cultura del dubbio» v. In questo modo la capacità di problematizzare le pratiche di riproduzione artificiale viene a trovarsi schiacciata contro una sperimentazione senza principi, legittimata dai risultati, dei quali si dà una lettura incondizionatamente positiva, in una prospettiva utilitaristico-soggettiva. Le tecniche di riproduzione assistita si sono così trovate a prosperare in una specie di regime privilegiato, sottratte alle regole cui sono abitualmente sottoposte le tecniche sperimentali in medicina.

340

2.2. Le diverse pratiche di procreazione artificiale possono essere assunte quale esempio emblematico di come la tecnologia sia in grado di progredire superando la pubblica opinione, anzi trascinando quest'ultima dietro di sé e ricevendone una legittimazione a posteriori vi. L'etica in questo processo è stata chiamata a svolgere ruoli funzionali: o quello di una condanna che cade dall'esterno su tali pratiche ― ma in fondo incapace di esercitare un'influenza sul loro decorso ― o quello di una loro legittimazione.

Il primo atteggiamento è, paradossalmente, tanto più efficace quanto più è massimali sta e rifiuta di entrare in un confronto ravvicinato, come è quello che si traduce nel compito di elaborare regole di gestione. In altre parole, più le condanne in nome dell'etica sono radicali, motivate in modo astratto o dogmatico, più si allontanano dal sentire antropologico, offrendo un facile gioco a chi attiva meccanismi promozionali con motivazione utilitaristica, aggirando così il confronto con l'etica.

L'etica in funzione di legittimazione è molto gradita agli operatori del settore: chi si muove in questi territori di confine vi fa appello per garantirsi l'appoggio dei valori ideali. Un contributo di questo genere da parte dell'etica è comprensibile e auspicabile, ma non deve escludere la possibilità di un confronto critico e può essere solo successivo alla fase della valutazione sociale.

Quest'ultima è molto articolata: comprende un'accurata analisi dei dati che configurano il fenomeno dal punto di vista sanitario ― dall'incidenza epidemiologica delle sterilità all'efficacia delle diverse tecniche ― e una sua considerazione in termini antropologici. Per questo, nella valutazione della procreazione artificiale, le scienze umane debbono essere presenti a pieno

341

diritto, infrangendo il monopolio che esercitano nel discorso pubblico gli specialisti da un lato e i mass media dall'altro.

3. LE DIMENSIONI DI UN FENOMENO SOMMERSO

3.1. In qualsiasi valutazione della riproduzione che si serve delle moderne tecnologie biomediche dobbiamo tenere presente che abbiamo di fronte un fenomeno per lo più sommerso. Ciò che ne conosciamo è solo la punta dell'iceberg; inoltre, abbiamo l'impressione che quanto emerge non affiori in modo casuale, ma obbedisca a una strumentalizzazione dei dati, finalizzata a una legittimazione dell'esistente e alla sua promozione.

Questa situazione è tanto più vera in Italia, dove mancano sia una legislazione ad hoc sia disposizioni amministrative di regolazione. La circolare Degan del 10 marzo 1985, che ha autorizzato l'inseminazione artificiale nelle strutture pubbliche solo a condizione che sia omologa (con il seme del marito), ha con ciò stesso respinto nelle strutture private tutte le pratiche in cui interviene un donatore. Il privato equivale in questo caso alla clandestinità, dal momento che lo Stato ha rinunciato, almeno finora, a qualsiasi forma di controllo. La latitanza del Ministero della Sanità in questo settore è particolarmente evidente. Manca un registro nazionale di raccolta dati e anche un semplice elenco delle strutture che praticano le varie forme di riproduzione assistita.

In questa carenza di dati ufficiali, esistono tuttavia alcune fonti per una sommaria conoscenza della diffusione di tali pratiche in Italia. Segnaliamo: la pubblicazione della Società italiana di fecondità e sterilità, Evoluzione delle tecniche Fivet e Gift, del 1988 vii; lo studio dell'Ispes, Madre a ogni costo. Ricerca sulle tecniche e il mercato della riproduzione artificiale, del luglio 1990 viii; atti e materiali di alcuni convegni dedicati a

342

questo tema. Al riguardo, meritano una particolare menzione due congressi svoltisi a Bologna nel 1988, rispettivamente a giugno (Madre provetta, promosso dal Gatra ― Gruppo di attenzione sulle tecniche di riproduzione artificiale) e a novembre (Il controllo sociale delle tecnologie riproduttive, organizzato dalla Cattedra di Endocrinologia Ginecologica dell'Università di Bologna e dal Servizio scientifico dell'ambasciata di Francia a Roma) ix. Vanno inoltre ricordati il convegno promosso dall'Università di Genova nel giugno 1987, centrato sui problemi giuridici x; il convegno Tecniche di fecondazione assistita, aspetti etici e giuridici, organizzato dall'Università degli Studi di Firenze e dall'Associazione Nazionale Magistrati, tenutosi a Firenze nel maggio 1989 xi; il convegno, organizzato a Roma nel marzo 1990 da Politeia, La bioetica: questioni morali e politiche per il futuro dell'uomo.

La ricognizione dei dati ― clinici, organizzativi, normativi ― sulle tecniche di riproduzione assistita è fattibile solo navigando tra queste documentazioni, che non hanno ― né hanno mai preteso di avere ― carattere formale di ufficialità a livello di amministrazione statale.

3.2. Per quanto riguarda l'inventario dei centri operativi, possiamo attenerci, pur con qualche riserva xii, al censimento dei gruppi che lavorano in strutture pubbliche (universitarie e ospedaliere) e private, redatto dal Sifes, la Società italiana di fertilità e sterilità (tabella 2).

Nel presentare il censimento, E. Cittadini afferma che l'iniziativa ufficiale del Sifes vuol reagire alle «piccole bugie affidate

343

Tabella 2. Centri operativi di riproduzione assistita (Gift e Fivet)

REGIONI

GIFT

FIVET

università

ospedale

privati

università

ospedale

privati

Piemonte

e Valle d'Aosta

Lombardia

Triveneto

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Marche e Umbria

Lazio

Abruzzo e Molise

Puglia e Basilicata

Campania

Calabria

Sardegna

Sicilia

Totale

1

2

0

1

2

0

0

2

0

1

0

0

0

1

10

0

0

0

0

1

0

0

1

0

0

1

0

0

0

3

1

1

1

0

1

0

0

5

0

0

4

0

0

2

17

1

1

0

0

2

0

0

1

0

1

0

0

0

1

8

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

1

0

0

0

1

1

1

0

0

1

0

0

2

0

0

3

0

0

0

7

al vento delle parole» xiii.Il fatto che i gruppi operanti con il Gift siano il doppio rispetto a quelli che eseguono la Fivet viene qui interpretato come «una scelta di fondo per una tecnica più semplice, più spettacolare nei risultati, ma le cui indicazioni sono sfumate, mai assolute e sempre affidate al giudizio clinico del gruppo. Solo in rari casi la unicità della scelta è attribuibile a normative etiche».

Per quanto riguarda i centri privati, sono spesso ―per ammissione dello stesso autore ― gli stessi gruppi universitari od ospedalieri ad avere la loro «estensione in Case di cura, a causa della difficoltà di gestione dei programmi in ambienti pubblici. Alcune Ussl sostengono che gli alti costi di questi programmi non debbono ricadere sul servizio sanitario nazionale».

344

4. LE DIFFICOLTÀ DI UNA VALUTAZIONE MEDICA

4.1. Una volta stabilita una mappa, per quanto incompleta, della distribuzione nazionale dei Centri che operano in questo settore e delle loro strategie, rimangono ancora aperti molti problemi, prima che la sua valutazione possa godere di una completa attendibilità. Per giungere a stabilire la rilevanza sociale della sterilità, bisogna appurare quante siano le coppie sterili, quante di esse ricorrano alle nuove tecnologie, e con quali risultati. A ciò si oppone la summenzionata mancanza di un registro nazionale di raccolta dati, ma ancor più l'imprecisione che accompagna i concetti stessi di fertilità, infertilità e sterilità.

Secondo la definizione dell'Oms, per sterilità s'intende l'assoluta e permanente mancanza di capacità riproduttiva sia nell'uomo che nella donna; l'unione si può ritenere sterile quando si verifichi la mancanza di concepimento dopo due anni di ricerca di prole. L'infertilità indica invece l'incapacità di concepire e portare a termine una gravidanza, ma con un significato relativo e temporale.

Queste nozioni, apparentemente lineari, a un esame ravvicinato si dimostrano molto problematiche, tanto che la sterilità ha potuto essere definita «un concetto gonfiabile a geometria variabile» (Louise Vandelac). Già il periodo di attesa per dichiarare una coppia sterile è ridotto da due anni a uno dalla Società americana per lo studio della sterilità. Inoltre queste tecnologie spesso palliano non casi di sterilità chiaramente diagnosticati, ma difficoltà o «lentezze» a procreare: ciò spiega le frequenti gravidanze «naturali» nel corso del trattamento o subito dopo.

Può succedere che si scambi per infertilità un semplice fallimento nella programmazione di una gravidanza. Dopo un anno di tentativi infruttuosi di concepire, il desiderio frustrato di generare è spesso qualificato come infertilità e diventa, prendendo significati successivamente diversi, sterilità e poi indicazione medica. Le difficoltà, le lentezze e l'incapacità di procreare conducono talvolta alle stesse tecnologie di procreazione, sia che si tratti di presunzione di infertilità che di una diagnosi chiara di sterilità.

La sterilità è oggetto di una guerra di cifre che non è affatto

345

innocente xiv. La maggior parte dei testi sulle tecnologie di procreazione dichiarano che dal 10% al 15% delle coppie sono sterili «o involontariamente senza figli». Contrariamente alle statistiche più inflazionate, il tasso delle coppie infeconde sembra essere al massimo del 3-5% xv. Louise Vandelac avanza il sospetto che l'inflazione senza precedenti della «sterilità» aumenti al ritmo delle tecnologie di riproduzione e sia da mettere in correlazione con il loro bisogno di legittimazione sociale xvi.

All'occhio del sociologo, la sterilità è meno un fatto di nascita e una fatalità individuale che un fenomeno socialmente costruito. La maggior parte delle sterilità, infatti, sono il risultato o di una sterilizzazione o degli effetti perversi di malattie a trasmissione sessuale o dell'uso di certi contraccettivi (spirale); oppure derivano da cattive condizioni di lavoro e ambientali, riducendo le quali si potrebbe porre rimedio ai problemi di fertilità.

346

Se ardua è la valutazione della sterilità in quanto indicazione per il ricorso alle tecnologie di riproduzione assistita, non meno problematico è il giudizio sui risultati delle tecnologie stesse, sia in termini assoluti che differenziali.

La difficoltà principale consiste nel fatto che i risultati non vengono riportati in modo uniforme, cosicché è impossibile arrivare a una definizione standardizzata di successo. La divergenza più macroscopica è quella che deriva dall'assumere some criterio di riuscita la fecondazione o la nascita di un bambino vivo. Nell'ambito dei tecnici della riproduzione assistita è corrente intendere come successo la risposta positiva al test di gravidanza, non il «bambino in braccio» (take home babies, nel gergo anglofono).

La lettura delle statistiche si presta perciò a gravi malintesi: i dati diffusi sovrastimano i risultati e alimentano sempre maggiori speranze. Prescindiamo, ovviamente, da eventuali manipolazioni dolose dei risultati, difficili da escludere a priori quando la legittimazione delle pratiche presso l'opinione pubblica dipende in modo così decisivo dalla capacità di convincere della propria utilità.

4.2. È stato osservato che la promozione delle tecnologie di riproduzione assistita presso l'opinione pubblica sembra procedere su uno schema binario: da un lato la drammatizzazione dell'infertilità-sterilità, dall'altro la valorizzazione dei «successi» di queste tecniche. Parallela all'enfatizzazione delle cifre della sterilità, corre quella che riguarda i successi: «mentre per l'opinione pubblica il tasso di successo della Fivet misura la probabilità a ogni tentativo di avere un bambino, le équipes biomediche tendono a vedervi il proprio tasso di successo in certe fasi della tecnica» xvii.

Il sociologo francese J. Marcus-Steiff ha dimostrato che si ottengono percentuali di successo molto diverse a seconda che, prese come base di calcolo la fase iniziale della stimolazione ovarica per ottenere l'ovulazione oppure la fase ulteriore del transfert di embrioni nell'utero, le si mettano in rapporto con un punto di arrivo costituito o dalla gravidanza clinica o dalla gravidanza evolutiva (oltre il primo trimestre) o dal parto xviii. Le

347

fluttuazioni statistiche secondo le diverse modalità di calcolo diventano molto rilevanti qualora si consideri che circa la metà delle donne che subiscono un'induzione di ovulazione non iniziano una gravidanza, e circa un terzo delle donne incinte non partoriranno un bambino vivo... La statistica, manovrata ad arte, può facilmente produrre effetti di mistificazione.

Un altro possibile intervento sui dati per maggiorare il successo è quello di misurare gli esiti in funzione del numero delle donne trattate, piuttosto che dei cicli in cui si è intrapreso il tentativo di fecondazione. Se si paragonano, infatti, i 311 bambini americani nati con Fiv nel 1986 alle 3055 donne che hanno subito l'insieme del trattamento, il tasso di successo è del 10,2%: ma se li paragoniamo alle 4867 stimolazioni ovariche praticate, il tasso di successo cade al 6,4%; se, infine, sottraiamo il 20% di gravidanze multiple, il tasso di donne che partoriscono scende ancora xix.

Nel conto, inoltre, non vengono generalmente inclusi altri elementi suscettibili di togliere smalto al «successo», quale lo stato di salute dei bambini nati con queste tecniche (maggior tasso di prematuri, di nascite con problemi e di mortalità perinatali), i rischi di problemi di salute e di costi umani per le donne che sperimentano queste tecniche (aborti spontanei, gravidanze extrauterine e gravidanze multiple) e la possibile nocività delle sostanze utilizzate per indurre l'ovulazione (cisti ovariche e ipertrofia delle ovaie).

La conclusione cui giunge Louise Vandelac è delle più pessimiste: «La nozione di tassi di "successo" è un bell'eufemismo, che sta a significare che dal 90 al 95% dei tentativi di stimolazione ovarica nella Fiv non permettono di avere un bambino vivo e in buona salute! Essa maschera egualmente l'angoscia e il dolore di quelle donne che subiscono aborti spontanei, gravidanze extrauterine e morti fetali con il loro corteo di rischi, dolori, speranze deluse, complicazioni e ospedalizzazioni» xx.

A conclusioni analoghe giunge anche la ricerca dell'Ispes, in cui si esprime l'impressione che la percentuale di successi veri

348

― ossia di gravidanze instaurate, continuate e seguite dalla nascita di un bambino vivo ― sia inferiore a quanto viene comunicato; l'indagine accusa i gruppi che praticano queste tecnologie di diffondere dati non trasparenti o non leggibili e un'informazione sostanzialmente non corretta xxi.

Numerosi critici che hanno cominciato a interrogar si sulla fondatezza e la legittimità della procreazione assistita accusano, di conseguenza, l'inflazione ingannevole dei tassi di successo per il suo ruolo determinante nella produzione sociale della «domanda».

La ridefinizione dei concetti, l'armonizzazione e la trasparenza dei dati statistici non sono che aspetti parziali di una valutazione globale di queste tecniche da un punto di vista medico. Eppure sono il passo indispensabile per poterle inquadrare più rigidamente entro le regole che valgono, sul piano internazionale, per i trattamenti medici sperimentali, quando mancano i dati epidemiologici e sociologici rigorosi e completi.

5. OLTRE LA VALUTAZIONE SANITARIA

5.1. Il dibattito attuale sull'attendibilità dei risultati delle tecniche di fecondazione artificiale ha avuto il merito di mettere in evidenza, oltre all'esigenza di una maggiore trasparenza dell'informazione medica, il bisogno di superare una concezione sanitaria in senso medicalizzato. Disporre delle informazioni più esatte possibili sulle diverse tecniche di riproduzione assistita ― indicazioni e controindicazioni, percentuali di successo, effetti collaterali ― è solo il primo passo: questi elementi tipicamente medici debbono essere completati con altri punti di vista, che esulano da una prospettiva medicalizzata e sono rappresentati da diverse scienze umane.

Si tratta, in altre parole, di rompere il monopolio del discorso pubblico da parte degli addetti ai lavori. Non solo perché costoro tendono a chiudersi nell'autosoddisfazione e nel corporativismo,

349

ma per la limitatezza della prospettiva che è propria delle scienze mediche e biologiche. Queste tendono a vedere nella riproduzione umana solamente un dato di natura, ignorando o minimizzando quanto vi apporta la cultura. Partecipando alla valutazione delle tecniche di procreazione e all'analisi della loro portata sociale, le scienze umane permettono di metterne in evidenza tutto lo spessore antropologico. Esse svolgono inoltre un prezioso ruolo di mediazione tra le scienze biologiche e le istanze normative.

La normatività rischia di entrare in rotta di collisione con la spinta operativa che induce a mettere in atto le nuove acquisizioni tecnico-mediche. Biologi e medici si sentono minacciati da possibili norme restrittive e tendono a ripiegare su un biologismo chiuso a ogni problematizzazione antropologica: trattando l'uomo come un primate, si applicano a conquistare sempre nuove frontiere alla procreatica, appellandosi all'autonomia della scienza per proteggersi da intrusioni normative. Giuristi e bioetici, d'altro canto, sospinti da un'opinione pubblica allarmata, rivendicano un diritto di controllo, di veti, di moratorie.

Questa polarizzazione può essere infranta solo grazie a un illuminato intervento delle scienze umane, con l'apporto che è tipico di ogni singola disciplina, riconducendo i rapporti sociali, i significati simbolici, le strutture della personalità e le motivazioni all'interno della biologia.

5.2. Nell'impossibilità di passare in rassegna quanto le diverse scienze umane hanno prodotto in Italia negli ultimi anni, ci limitiamo ad alcune segnalazioni.

Meritano, in primo luogo, una particolare menzione le ricerche sociologiche che di tali pratiche hanno studiato i beneficiari, vale a dire le coppie sterili. Franca Bimbi ha analizzato soprattutto la dimensione microprocessuale degli eventi legati alla richiesta e fornitura di un intervento xxii. Studiando le mappe dei percorsi e i luoghi di incontro tra domanda e offerta, è giunta alla conclusione che queste maternità tecnologiche siano il frutto

350

di una domanda indotta. La medicina, inoltre, viene a decodificare una richiesta che non è solo medica, poiché la domanda di un figlio ha una prevalente valenza sociale: oggi, infatti, la coppia tende ad autodefinirsi come famiglia quando ha un figlio. La riproduzione assistita si colloca pertanto in un'economia di mercato che mette in difficoltà i medici stessi, giacché la loro potenzialità di ricerca si traduce immediatamente in potenzialità di mercato. Gli stessi mediatori naturali della domanda ― il medico di fiducia e la rete familiare ― sono scavalcati da «esperti di secondo livello».

Marina Mengarelli, dal canto suo, si è impegnata in un'approfondita ricerca sui significati sociali delle tecnologie applicate alla riproduzione umana, svolgendo un'indagine su un campione di coppie sterili in attesa di fecondazione artificiale xxiii.

L'ipotesi di partenza ― individuazione e descrizione del modello italiano di coppia sterile ― si è rivelata impossibile a essere verificata: la ricerca ha fatto emergere l'immagine di coppie «qualsiasi», che hanno in comune il problema della sterilità, ma non caratteristiche demografiche e socio-economiche. Il livello di istruzione è superiore ― sia per la donna sia per l'uomo ― alla media della popolazione in età analoga; l'estrazione professionale è varia, ma prevale per ambedue il lavoro dipendente; quasi il 90% delle coppie che ricorrono alla Fivet si dichiarano cattolici.

La ricerca della Mengarelli ha avuto il merito di portare alla luce l'affermarsi di una cultura che l'autrice chiama del «diritto alla scelta riproduttiva». Infatti, in quanto vissuto psicosociale, la sterilità è inserita in un'ansia di autorealizzazione che rende intollerabile la frustrazione di un progetto genitoriale. Di conseguenza, grazie all'odierna «cultura del narcisismo» xxiv e all'attuale concettualizzazione medica che permette di strutturare la sterilità come «malattia», la coppia sterile giunge al medico con la richiesta di un figlio. Il risultato? Ora che, nell'immaginario sociale, la riproduzione è solo questione d'impiego della tecnologia adeguata, tale richiesta può facilmente diventare quella di un figlio a ogni costo xxv.

351

5.3. I contributi forniti dalle ricerche psicologiche non hanno avuto un riscontro analogo nell'area sociologica. Oltre a singoli richiami a consultare quando si tratti di inseminazione artificiale anche il registro dell'inconscio xxvi, non abbiamo ricerche di psicologia clinica adeguate all'esigenza di conoscere la dimensione psicologica dei problemi delle coppie che ricorrono alle tecniche di riproduzione, né studi di personalità che potrebbero individuare le eventuali controindicazioni.

«Oltre allo stress procurato dai vari tentativi di fecondazione indotta, una coppia infertile soffre spesso di problemi emotivi, che le impediscono di valutare in maniera pienamente razionale le soluzioni che le vengono via via proposte e rischia pertanto di essere, insieme, artefice e vittima di accanimenti terapeutici» xxvii. Questo insight rischia di restare una mera intuizione, senza la possibilità di tradursi in conoscenze documentate e verificabili.

In particolare, gravita in quest' orbita il sospetto che la sterilità, in molti casi ove non siano riscontrabili cause fisiologiche comprovate, possa avere il valore di una protezione inconscia nei confronti di una fecondità per la quale ci si sente inadeguati. Possiamo ipotizzare che in molte donne con sterilità ideopatica (non chiarita) si nascondano conflitti psichici nei riguardi della maternità. Sorge quindi la legittima domanda: cosa si provoca

352

nelle persone alle quali questa barriera, che ha finalità protettiva, viene raggirata mediante la tecnologia riproduttiva? È un ambito di ricerca che vorremmo vedere molto più frequentato. La psicologia clinica potrebbe così evidenziare «costi» di queste tecnologie che, pur non essendo monetizzabili, sono pur tuttavia reali.

6. FILIAZIONE BIOLOGICA E FILIAZIONE SOCIALE: IL PUNTO DI VISTA GIURIDICO

6.1. Le biotecnologie riproduttive dischiudono tutta la dimensione della complessità che è propria della riproduzione umana: ce lo dimostra il fuoco incrociato su questo fenomeno da parte dello sguardo biologico-medico, da un lato, e di quello tipico delle scienze dell'uomo, dall'altro. Più ci addentriamo nella complessità, maggiore diventa il bisogno di una regolazione, in particolare di quella che è propria del diritto.

Non è un fatto nuovo che il diritto si interessi della procreazione umana. La regolazione sociale si serve abitualmente delle norme giuridiche per mettere ordine nella genealogia, rispetto al caos della realtà fattuale. Il diritto è lo strumento privilegiato per rendere istituzione la vita, il soggetto, la persona.

Un'articolazione particolare del diritto applicato alla generazione è quella delle risposte legali all'infertilità involontaria. Un convegno dell'Uiof (Unione internazionale degli organismi familiari) dedicato alle tecnologie riproduttive ha sottolineato nella sua mozione finale che, mantenendo come chiave di lettura di queste pratiche la risposta all'infertilità involontaria, vengano messi in evidenza i valori e i limiti della legge: «La legge è uno strumento imperfetto per risolvere veramente un problema di natura umana come la mancanza dei figli. Non ci sono risposte legali; ci sono solo regolazioni più o meno imperfette che aiutano le persone che vogliono così ardentemente un bambino a raggiungere il loro scopo» xxviii.

Il dibattito tra l'opportunità di astenersi dal legiferare su un

353

ambito di procreazione artificiale (rimandando, eventualmente, a norme extragiuridiche il compito di regolazione) e la necessità di un intervento legislativo ha fatto per lo più pendere la bilancia a favore della seconda opzione: pesano in questo senso motivi sociali di grande portata, quali la protezione dei «clienti» che si sottomettono a pratiche riproduttive e il controllo della diffusione caotica delle tecniche.

Il dibattito bioetico mostra una propensione naturale a promuovere la nascita di un «biodiritto». La bioetica ha infatti innata una vocazione regolatrice, sia nel mantenere un equilibrio tra spinte ed esigenze diverse (tra le aspirazioni umane al progresso e i sacrifici che questo esige; tra i benefici e i costi, non solo economici, della ricerca; tra i desideri personali e le esigenze sociali) sia nel trovare regole per la vita sociale condivisibili, malgrado il pluralismo filosofico-religioso ed etico che caratterizza il mondo occidentale.

Il passaggio alle prescrizioni normative costituisce tuttavia per il diritto una notevole sfida xxix. Intanto per le condizioni contingenti in cui avviene la progettazione di tale regolazione giuridica: l'arte del diritto ha bisogno di una lenta riflessione, mentre in questo ambito è sottoposta alle spinte di un processo tecnologico quanto mai accelerato, grazie alla sinergia tra interessi scientifici, bisogno di legittimazione attraverso i risultati e «cultura del narcisismo». In secondo luogo, il diritto è messo in crisi dalle ripercussioni che le tecnologie riproduttive hanno sulle concezioni antropologiche condivise.

6.2. Possiamo affermare, senza esagerazione, che nella riproduzione artificiale sia implicita una mutazione antropologica di vasta portata. Vengono rimessi in discussione, infatti, l'alleanza tra i sessi necessaria per la generazione di un figlio, il ruolo del tempo nella genesi della vita (con la crioconservazione degli embrioni l'ordine delle generazioni viene sconvolto), le strutture giuridiche della maternità e paternità.

Quest'ultimo aspetto è particolarmente problematico per il diritto, il quale nella sua funzione normativa si fonda sulle strutture parentali come categorie antropologiche. Se il diritto, pur

354

essendo aperto a tutti i fatti, non deve solo subirli ma è chiamato a regolarli, la difesa delle strutture antropologiche essenziali del nostro sistema di parentela diventa un compito irrinunciabile. La giurista Labrusse Riou individua tali strutture essenziali nell'alleanza tra uomo e donna, nella bilinearità paterna e materna e nella differenziazione senza discriminazione della paternità e maternità. «Il rispetto delle strutture antropologiche parentali comporta che la procreazione non venga dissociata deliberatamente dalla coppia né dalla vita dell'uomo e della donna, e che la maternità continui a fondarsi sulla gestazione, non solo perché essa è biologica e visibile, ma soprattutto perché da ciò dipende lo stesso significato dell'incarnazione, oltre al diritto della donna a non essere ridotta a un oggetto di potere utile a fabbricare i vizi prodotti dal consenso, cioè l'alienazione» xxx.

Perché il diritto possa svolgere la propria funzione istituzionale, deve trovare una posizione di equilibrio tra sottomissione e rifiuto totale della procreazione medicalizzata: la prima porterebbe a legittimare ogni pratica, il secondo a negare la realtà. Per questo la costituzione dell'ordine giuridico non può prescindere da una valutazione dei fatti, che comporta un giudizio su di essi.

6.3. Nel dibattito che accompagna la costruzione di un diritto per la medicina procreativa ha acquistato sempre più una funzione guida l'affermazione del valore delle strutture naturali di parentela. Nello studio eseguito dal Consiglio di Stato francese sugli orientamenti che dovrebbero ispirare la legislazione nell'ambito delle scienze della vita xxxi, tale valore viene proposto come una delle opzioni fondamentali che dovrebbero regolare la normativa. Tale orientamento si iscrive nella preoccupazione di garantire una visione dei problemi che privilegi la prospettiva di relazione.

355

La preoccupazione per l'interesse del bambino che si fa nascere xxxii acquista così concretezza. Per permettere al bambino di costruire la propria identità, non basta assicurargli amore: bisogna anche assicurargli un posto nell'ordine genealogico.

7. IL CONTROLLO SOCIALE DELLE TECNOLOGIE RIPRODUTTIVE NELLE NORMATIVE INTERNAZIONALI

7.1. Sarebbe sproporzionato rispetto alla finalità del presente Rapporto sulla famiglia in Italia un resoconto dettagliato delle diverse soluzioni giuridiche messe in atto nel mondo per controllare l'esplosione della riproduzione artificiale e delle pratiche connesse. Ci limiteremo a una evocazione sommaria delle normative internazionali, intese come un contesto su cui si inserisce il discorso legislativo italiano. Rimandando per una documentazione completa alle opere specialistiche xxxiii, riportiamo solamente una tabella riassuntiva (tabella 3), tratta dalla ricerca comparativa più aggiornata xxxiv.

La tabella sinottica è ricca di sorprese. Mostra immediatamente la varietà delle posizioni internazionali e la diversa distribuzione di centri e istituzioni che praticano la riproduzione assistita. Un confronto più analitico delle opzioni legislative può sconvolgere luoghi comuni e attese.

Risulta così che la liberale e permissiva Svezia mette restrizioni alla Fivet eterologa, rifiutando di mantenere l'anonimato del donatore: dopo il 18° anno, il figlio ha diritto di ottenere le informazioni che permettono di identificare il donatore (legge sulla inseminazione artificiale del 1985); inoltre, in forza del decreto sulla fertilizzazione in vitro del 1988, la legislazione svedese proibisce la Fiv quando sia una donna sola a chiederla

356-357

Tabella 3. Normative internazionali sul controllo delle tecnologie riproduttive

NAZIONE

LEGISLAZIONE

ISTITUZIONE

REGOLATRICE

NUMERO DI CLINICHE CHE FORNISCONO SERVIZI

NUMERO

DI CICLI

DI

TRATTAMENTO

FINANZIAMENTO

1. Italia

Nessuna

10 nelle università

più altre private

Non conosciuto

lo Stato rimborsa la Fiv omologa;

in Sicilia anche quella eterologa

2. Australia

Standing Review e Advisory Committee

negli ospedali di ricerca approvati dal ministero

S. Australian Council on Reproductive Technology

22

6796

riferito nel 1987

Circa metà della

spesa assicurata

da «Medicare».

Fondi federali

per farmaci

3. Belgio

Nessuna

Nessuna

14

Non conosciuto

Fondi della

Sicurezza Sociale

4. Canada

Nessuna

Nessuna

13

2000

Fondi provinciali solo nell'Ontario

5. Danimarca

Sta stabilendo un Comitato nazionale di etica

Nessuna

3

900

Fiv fornita

dall'ISSN

6. Francia

Progetto di legge

del 1989 ma non

ancora ufficialmente pubblicato

Il Comitato nazionale (1988) autorizza

le cliniche

74 approvate

19.000

La sicurezza sociale rimborsa i costi della clinica. I pazienti sostengono le spese di laboratorio

7. Germania

(Repubblica

Federale)

Legge

in discussione

al Bundestag

Nessuna

51

14.400 in 36 cliniche

Le coppie pagano o sono coperte da assicurazione

8. Inghilterra

Legge in discussione

Autorità a interim costituita nel 1985

44

7043 (nel 1987)

Solo due cliniche dell'ISSN.

Il contributo dei pazienti varia da 250 a 2000

sterline

9. Olanda

Nessuna

Nessuna

30

2377

(in 21 centri)

10. Norvegia

Legge 628/1987

circa la procreazione artificiale

Nessuna. Le cliniche raggiungono un mutuo accordo

7

3000-4000

1 clinica è privata. Altrimenti lo Stato paga il 90% delle spese

11. Spagna

Legge 35/1988

tecniche di riproduzione assistita

Commissione nazionale per la riproduzione assistita (non ancora attivata)

24

1500 registrati nel 1986 (60%)

Gratuita

negli

ospedali pubblici

12. Svezia

Legge

sulla

fertilizzazione

Nessuna

10

2000-2500

18.000 corone nelle cliniche

universitarie

13. Usa

Nessuna

legislazione

federale

Nessuna.

La Società americana di fertilità ha pubblicato delle direttive

2000

14.619

(in 146 cliniche)

I pazienti di solito pagano

o sono coperti

da assicurazione Il«Medicaid»

federale

non interviene

358

(sono ammesse alla Fiv soltanto coppie sposate o conviventi in una relazione permanente da più di due anni).

La Spagna, invece, ha legiferato in modo estremamente liberale: a spese del servizio sanitario nazionale le tecniche di riproduzione assistita sono rese disponibili a ogni donna, sposata o no; inoltre, con la legge n. 35 sulle tecniche di riproduzione assistita (1988), viene permessa la ricerca su embrioni soprannumerari, benché sia proibita la creazione apposita di embrioni per la ricerca. Ma neppure la Spagna accetta nella sua legislazione una forma qualsiasi di maternità sostitutiva o di locazione dell'utero.

7.2. A questo proposito va fatta esplicita menzione al «caso Baby M.», che ha avuto grande risonanza non solo nei Paesi in cui vige il sistema di giurisprudenza anglosassone ― che lascia in gran parte la soluzione dei conflitti bioetici in mano alla società e alla common law ― ma anche in quelle nazioni che si orientano secondo la legislazione costituzionale. Esso è destinato a diventare emblematico per la bioetica e il bio diritto tout court (non è una coincidenza ― potremmo osservare ― se il giudice della Corte Suprema dello Stato del New Jersey che ha firmato la sentenza definitiva è quello stesso Wilentz del caso Mary Ann Quinlan, che ha aperto, nel 1987 nuove prospettive relativamente a misure di eutanasia).

La vicenda a cui ci riferiamo inizia nel 1985 e termina con la sentenza ricordata, emessa il 3 febbraio 1988 xxxv. I coniugi Stern «commissionarono» un proprio figlio a una madre portatrice, Mary Beth Whitehead, con formale contratto. La fecondazione avvenne per inseminazione artificiale, con il liquido seminai e dello Stern. Seguirono alcune vicende giudiziarie, con esito alterno: il primo tribunale affidò la bambina ai coniugi Stern, togliendola alla «madre portatrice»; in seguito, fu messo in discussione il contratto intercorso tra le parti, quale procedura illecita, e quindi Baby M. venne riaffidata alla madre «naturale».

Sull'intricata questione fu chiamata a decidere, in ultima istanza, la Corte Suprema del New Jersey.

359

La sentenza analizzò dapprima il contratto intercorso tra gli Stern e M. B. Whitehead dal punto di vista delle normative esistenti: in base a queste, il contratto era da considerarsi nullo, essendo in conflitto sia con le leggi che proibivano compensi economici nel caso di adozioni sia con le disposizioni che imponevano di provare lo stato di abbandono dei bambini o l'incapacità dei genitori naturali, prima che costoro venissero privati dei propri diritti xxxvi.

Il caso fu considerato come una situazione di «maternità naturale» (la Corte rifiutò il termine improprio di surrogate motherhood, «maternità di affitto»). Il diritto di procreazione ― si diceva nella sentenza ― non autorizzava il padre naturale e la moglie alla custodia della bambina. Tuttavia, poiché questa andava risolta cercando il migliore interesse del minore, la Corte riteneva opportuno che Baby M. continuasse a vivere con coloro i quali l'avevano accudita fin dai primi giorni di vita, cioè il padre naturale e la moglie; la madre naturale era tuttavia autorizzata al diritto di visita (se ne deduceva che la decisione della Corte sarebbe stata diversa se Baby M. fosse rimasta fin dalla nascita con colei che l'aveva partorita).

La sentenza è importante anche per le considerazioni generali relative a questo tipo di pratiche. La Corte non le considerava benefiche per le famiglie: questo metodo riproduttivo poteva solo aiutare una famiglia a spese di altre. Né era possibile lasciare questo ambito in stato di deregulation: l'esperienza dimostrava che l'uso non regolato di simili tecnologie poteva portare molte sofferenze a tutti coloro che vi erano coinvolti, in particolare al bambino. Tuttavia legiferare in merito era difficile. Il problema ― affermava la sentenza ― si poneva in questi termini: come godere i benefici della tecnologia, specialmente da parte delle coppie sterili, minimizzando i rischi di abuso.

In prospettiva, la posizione del giudice Wilentz era aperta anche a concessioni: «Le leggi attuali non permettono il contratto di surrogazione usato in questo caso. Tuttavia non troviamo

360

niente che proibisca legalmente la surrogazione, quando la madre surrogata si presti volontariamente, senza alcun pagamento, e salvo il diritto di cambiare opinione e di rivendicare i propri diritti materni».

7.3. Con estrema generalizzazione, possiamo dire che a livello internazionale prevale la tendenza a disporre regolazioni differenziate sulla base delle peculiarità delle diverse tecniche riproduttive. I casi più frequentemente presi in considerazione, con adeguate sanzioni penali per rafforzare le normative, prevedono: restrizione della fertilizzazione post mortem; prevenzione della commercializzazione di maternità surrogate e di commercio di embrioni; divieto di produrre embrioni per fini diversi dalla procreazione umana; proibizione di conservare gameti ed embrioni oltre un certo periodo; salvaguardia dei diritti di autodeterminazione di tutte le parti in causa, compresa la libertà di coscienza per il medico; protezione degli interessi significativi del bambino.

A proposito di quest'ultimo punto, nel caso di donazione di gameti, le legislazioni regolano paternità e maternità legali in modo da tutelare il nascituro. Una divergenza significativa, tuttavia, si registra in rapporto al diritto della persona a conoscere i propri genitori genetici. Si evidenziano due posizioni: nei Paesi latini prevale la tendenza a stabilire l'anonimato del donatore, ai fini di impedire il riconoscimento dell'ascendenza genetica; in quelli scandinavi ― a partire dalla legislazione svedese del 1985 ― si dà priorità al diritto di conoscere i genitori genetici.

L'argomentazione svolta da Mary Warnock a favore di questa opzione ― nel corso del convegno internazionale sulla bioetica organizzato dalla Fondazione Balzan a Venezia il 12-13 maggio 1988 ― si basa su un'analogia tra il bambino ad e quello adottato: ambedue possiedono il diritto di scoprire chi sia il proprio genitore naturale. Infatti «ingannare un bambino circa le sue vere origini, quando esse sono note alla madre, e probabilmente al padre sociale, è una forma di inganno permanente che rasenta lo sfruttamento. A beneficio di chi è perpetrato l'inganno? Certo non per amore del bambino. Il bambino è usato come pedina di un gioco a lui sconosciuto: il gioco che viene chiamato "famiglie felici". In questo senso si esprimono anche numerosi

361

psicologi, che conoscono l'azione distruttiva che esercita su un sistema familiare la conservazione di un "segreto di famiglia"» xxxvii.

8. INDICAZIONI DI ORGANISMI SOPRANNAZIONALl EUROPEI

8.1. Nelle due principali istituzioni europee a dimensione soprannazionale, il Consiglio d'Europa e il Parlamento Europeo, i problemi delle pratiche di riproduzione assistita hanno trovato eco immediata. Proprio un ambito di radicale innovazione come questo si dimostra il più appropriato per verificare la capacità di sottrarre questo settore alla deriva e far prevalere una prospettiva armonizzatrice. Rimane forse tuttora incerto se il progetto di stabilire principi europei unitari di bioetica sia da interpretare con la categoria del miraggio o con quella della speranza; nell'insieme, tuttavia, l'attività dei due organismi dimostra una volontà esplicita di non evadere dal confronto diretto con i problemi.

8.2. Indicazioni fornite dal Consiglio d'Europa

L'assemblea parlamentare ha affrontato esplicitamente il nostro tema nel 1981 con una Raccomandazione sull'inseminazione artificiale di esseri umani xxxviii. Il punto di maggiore controversia è individuato nella Iad, che implica l'utilizzazione di gameti esterni alla coppia. Di fronte alle alternative possibili ― proibizione della pratica, deregulation o regolamentazione per legge ― il Consiglio d'Europa opta per quest'ultima. La Raccomandazione si limita a indagare i principi a cui le leggi dovrebbero ispirarsi, trovando il punto di convergenza nel rispetto della dignità e dei diritti dell'uomo, così come sono stati formulati nella Convenzione europea.

362

Di enorme importanza sono la Raccomandazione 934 (1982), relativa all'ingegneria genetica, la Raccomandazione 1046 (1986) sull'utilizzazione di embrioni e feti a fini diagnostici, e la Raccomandazione 1100 (1989) sull'utilizzazione di embrioni e feti umani nella ricerca scientifica. Anche se la finalità esplicita di tali Raccomandazioni è la regolamentazione della ricerca, esse stabiliscono ― in obliquo ― un principio fondamentale per tutto l'insieme delle pratiche di procreazione assistita. L'ultimo documento citato lo formula in questi termini: «È opportuno definire la protezione giuridica da accordare all'embrione umano fin dalla fecondazione dell'ovulo» (n. 6).

Lo strumento privilegiato attraverso il quale il Consiglio d'Europa persegue la propria politica rivolta all'armonizzazione del diritto e delle pratiche scientifiche degli Stati membri è il Cahbi (Comitato ad hoc di esperti per la bioetica). Fondato nel 1985, è composto da scienziati, specialisti di etica e giuristi dei 23 Paesi membri del Consiglio, oltre che da osservatori di Australia, Canada, Usa e Santa Sede. Funziona soprattutto come luogo di scambio di informazioni, in armonia con il suo mandato istituzionale: studiare l'insieme dei problemi che i progressi delle scienze bio mediche pongono nell'ambito del diritto, dell'etica e dei diritti dell'uomo, in vista di determinare, se possibile, una politica comune degli Stati membri e, se auspicabile, elaborare gli strumenti giuridici appropriati.

Ovviamente, il giudizio su ciò che separa ancora l'auspicabile dal possibile spetta ai governi degli Stati, riuniti in seno al Comitato dei ministri.

La prima questione nell'agenda di lavoro del Cahbi è stata appunto la procreazione artificiale. I ventidue principi provvisori ― discussi in un'audizione organizzata dal Consiglio d'Europa in collaborazione con l'Istituto di studi dei diritti dell'uomo di Trieste, 23-24 giugno 1986 ― si articolano su due piani. A livello individuale, comprendono la protezione della donna dalle forme di sfruttamento, la proibizione della commercializzazione di tali pratiche, il rispetto della libertà individuale.

Tuttavia i princìpi europei di bioetica non equivalgono a un'apologia dell'individualismo: sono equilibrati da una forte accentuazione della dimensione sociale, e in particolare dall'intenzione di garantire la funzione sociale fondamentale della famiglia. Il Cahbi, infatti, prevede il ricorso alla procreazione assistita

363

solo come rimedio all'infertilità della coppia (escludendo in tal modo le coppie omosessuali e le donne singole). Prende inoltre in considerazione le implicazioni giuridiche di tali pratiche, per rimediare al fatto che la procreazione artificiale comporta una dissociazione tra legami genetici e legami familiari. La dimensione sociale è garantita inoltre dalla responsabilità professionale, che secondo il Cahbi spetta ai sanitari: proprio a loro viene attribuito un ruolo di «cerniera», il che li preserva dall'essere degradati a puri esecutori dei desideri individuali.

8.3. Indicazioni fornite dal Parlamento Europeo

Il valore peculiare del dibattito che avviene all'interno del Parlamento Europeo risiede nel fatto che questa istituzione raccoglie i rappresentanti eletti direttamente dai popoli d'Europa. Suo compito è quello di armonizzare le legislazioni dei vari Paesi della Comunità. Dal momento che in questo ambito gli organi legislativi sono ancora in una fase di riflessione, le risoluzioni comunitarie hanno valore soprattutto prospettico.

Il dibattito sulle nuove forme di procreazione e sulle problematiche connesse ha percorso l'intera seconda legislatura del Parlamento Europeo, culminando in due risoluzioni approvate il 16 marzo 1989: la risoluzione Rothley sulla manipolazione genetica e la risoluzione Casini sulla fecondazione artificiale. In ambedue si afferma l'obbligo degli Stati di proteggere la vita umana fin dalla fecondazione. Più specificamente, la risoluzione Casini indica, quale criterio primario per disciplinare la materia della procreazione artificiale, «il diritto di auto determinazione della madre e il rispetto dei diritti e degli interessi del figlio, riassumibili nel diritto alla vita e all'integrità fisica, psicologica ed esistenziale, nel diritto alla famiglia, nel diritto alla cura dei genitori e a crescere in un ambiente familiare idoneo, e nel diritto alla propria identità genetica».

Il diritto alla famiglia, in particolare, prevede limiti ben precisi nell'ampio spettro delle possibilità tecniche di riproduzione. La risoluzione Casini postula, a tal fine, la fecondazione artificiale solo per scopo terapeutico (n. 9); sconsiglia quella eterologa, tollerandola solo a certe condizioni (n. 10); proibisce la maternità su commissione (n. 11). Anche per quanto riguarda

364

la procreazione artificiale per coppie non coniugate, viene difesa una posizione restrittiva, con la seguente motivazione: «Fino a che la legittimità della famiglia e dell'affiliazione presupporranno il matrimonio, non sembra coerente un sistema che consenta legalmente la procreazione artificiale fuori del matrimonio».

9. LA REGOLAMENTAZIONE DELLE TECNOLOGIE RIPRODUTTIVE IN ITALIA

9.1. La tabella 3 sopra riportata, relativa alle legislazioni che regolano la procreazione assistita nei diversi Paesi, condensa la situazione dell'Italia in un laconico «nessuna». Il vuoto legislativo è reale; eppure per pochi altri temi si sono accumulati in così breve tempo tanti progetti di legge, presentati sia alla Camera sia al Senato.

L'unica disposizione normativa finora varata è una circolare del Ministero della Sanità, emanata dal ministro Degan nel 1985, che assicura le prestazioni possibili «nell'ambito dei principi fondamentali del sistema giuridico costituito», all'interno delle strutture pubbliche. L'accesso alle metodiche di fecondazione artificiale viene reso possibile solo alla coppia legittima, in costanza di matrimonio; le metodiche ammesse sono soltanto quelle che utilizzano i gameti della coppia, con esclusione quindi di donatori.

Di fronte alla pletora di proposte legislative, un primo orientamento è costituito dalle più fondamentali indicazioni di tendenza. Notiamo così che nella terza e quarta legislatura prevalgono proposte con finalità repressiva: l'obiettivo è quello di vietare le pratiche di inseminazione artificiale («Divieto alla inseminazione artificiale e sua disciplina giuridica», Gonella e Manco, n. 585; «Illiceità dell'inseminazione artificiale», Riccio, n. 54; «Divieto all'inseminazione artificiale e sua disciplina giuridica», Gonella, n. 433). L'opinione pubblica era stata sensibilizzata da vicende giudiziarie dipendenti da pratiche di inseminazione artificiale e inclinava alla proibizione. Bisogna anche registrare un tentativo ― fallito ― di inserire un divieto all'inseminazione eterologa nella riforma del diritto di famiglia del 1975.

365

9.2. La tendenza prevalente, invece, nelle proposte di legge successive al 1983 è piuttosto quella di regolare le pratiche, discriminando e mettendo ordine tra di esse (sette proposte di legge sono state presentate tra il 1983 e il 1986 xxxix; altrettante fino alla data odierna, per iniziativa di tutti i partiti xl).

L'intensa attività di progettazione del quadro normativo si staglia sullo sfondo del dibattito giuridico che in questi anni ha occupato gli studiosi. Era necessario, infatti, individuare i criteri a cui ispirare questo ius condendum e preliminarmente risolvere la questione relativa alla compatibilità delle pratiche di fecondazione artificiale con il diritto italiano.

Tra le analisi più elaborate di filosofia del diritto è da citare quella di Maurizio Mori, molto attenta alle argomentazioni contrarie alle pratiche di fecondazione artificiale provenienti dal mondo cattolico. Egli giunge alla conclusione che nessuna obiezione riesce a essere tanto forte da capovolgere la «presunzione di correttezza»: «Di principio, l'intervento nel processo riproduttivo non incontra difficoltà così gravi da dover essere vietato. Questo non significa, tuttavia, che non ci siano (o non possano esserci) difficoltà di tipo "empirico" (o "pratico"), cioè difficoltà dipendenti dalle condizioni storico-culturali di una particolare società» xli.

Compito del diritto diventa allora quello di individuare norme «giuste» per regolare gli interventi sulla riproduzione umana, vale a dire norme che rispettino i diritti individuali e siano benefiche per la società. Il diritto è chiamato a elaborare una prospettiva di «giustizia biologica», che possa essere integrata in una più generale teoria della giustizia socio-politica xlii.

366

9.3. Un'autorevolezza maggiore degli studiosi privati hanno le istituzioni consultive appositamente create per i problemi suscitati dal progresso biomedico. Il Comitato nazionale di bioetica, di recente costituito pressò la Presidenza del Consiglio, non ha ancora avuto la possibilità di prendere pubblicamente posizione sul problema delle tecnologie riproduttive, pur avendole inserite nell'agenda dei lavori. Il principale punto di riferimento rimane finora il rapporto della commissione ministeriale presieduta da F. Santosuosso e composta da trentatré esperti. La relazione del presidente (Proposte di disciplina della nuova genetica umana) è stata presentata il 22 novembre 1985 xliii.

Facendo propria l'affermazione contenuta nel rapporto Warnock (presentato al Parlamento britannico nel luglio 1984), secondo cui in questa materia, se non si fissano limiti ben precisi, viene messa in questione l'esistenza stessa della moralità, la commissione è giunta alla conclusione che, per tutelare la salute dei cittadini, la dignità della persona, la certezza e la serenità dei rapporti familiari, è necessario e urgente l'intervento pubblico nell'ambito dei procedimenti artificiali di riproduzione umana. La commissione, pertanto, non ha ritenuto lecito adottare la posizione di coloro che negano la legittimità e la giustificazione di qualsiasi intervento pubblico (legislativo o amministrativo). Inoltre, nel definire l'ambito dell'intervento pubblico, la commissione si è attenuta a tre punti essenziali: la tutela della salute; l'orientamento al diritto a una famiglia stabile; il discernimento tra i diversi metodi di procreazione.

La commissione ha voluto proporre un progetto di normativa coerente con i principi universali e costituzionali più universalmente accettati, ispirandosi a una prudentia pratico-giuridica che riesca a comporre le diverse spinte che premono su questo ambito di innovazione. Per ammissione del suo presidente, essa ha inteso prospettare soluzioni non troppo restrittive per le esigenze dei singoli: infatti, pur intendendo venire incontro alle persone desiderose di avere un figlio, tali soluzioni non vogliono neppure spianare la strada a futuri pericoli per la società.

Tuttavia nel definire quanto debba essere tradotto in norma

367

e quanto convenga lasciare alla dimensione della persona, nonché l'ampiezza della norma stessa, le opinioni degli esperti sono state divergenti. Sicché la commissione ha deciso di presentare due proposte di disciplina: la prima comprendente le normative relative all'inseminazione artificiale omologa (inclusa la Fivet, che rientra nel cosiddetto «caso semplice»: l'inseminazione eseguita tra coniugi, senza spreco di embrioni e reintroducendo tutti gli embrioni ottenuti), la seconda concernente i casi che vanno al di là dell'inseminazione omologa.

Infine, la relazione ufficiale è stata corredata dalle dichiarazioni di alcuni membri della commissione che si dissociano dall'una o dall'altra posizione adottata.

9.4. La base di consenso raggiunta è molto più ampia di quanto il pluralismo delle opinioni possa far supporre; in particolare sui primi due princìpi-guida che, secondo la commissione, debbono definire l'ambito dell'intervento pubblico: la tutela della salute e l'orientamento al diritto a una famiglia stabile. Dal diritto alla vita e alla salute è fatto derivare il «divieto di strumentalizzazione della vita umana per un fine esterno, nemmeno per interessi meritevoli di considerazione (quali il nobile desiderio di paternità/maternità o per la ricerca scientifica)».

L'orientamento alla famiglia riposa sul principio che la famiglia legittima costituisce un elemento essenziale della società e deve essere tutelata, specialmente in ordine ai doveri nei confronti dei figli. Da questo principio discendono alcuni corollari, fra i quali vanno ricordati i seguenti:

― i procedimenti di fecondazione artificiale possono essere intrapresi solo quando si garantisca il diritto a una famiglia stabile;

― fuori dell'ipotesi di genitori biologici uniti in matrimonio, le caratteristiche della famiglia destinata ad accogliere il bambino debbono corrispondere a quelle richieste dalla legge per l'adozione.

Per quanto riguarda le tecniche di procreazione artificiale non omologa, viene stabilito il principio che l'utilizzazione di gameti estranei ai coniugi, anche se permesso, ha carattere eccezionale. Tale intervento non si basa su un presunto diritto a ottenere un figlio a ogni costo, ma rimane contenuto entro la categoria di atto terapeutico. Si stabilisce inoltre, come criterio

368

generale, che la mera derivazione biologica non è sufficiente, da sola, a fondare il rapporto di filiazione.

La commissione è molto severa con il fenomeno delle madri «surrogate» e «portanti»: ritiene che queste ipotesi debbano essere vietate e punite, come ogni altra forma di mercificazione della vita umana. Riguardo al controverso problema dell'identificazione dei genitori legali, per la paternità viene stabilito che si presume padre legittimo il marito della donna che ha partorito il bambino a seguito di Iao o Iad, avvenuta in costanza di matrimonio; il consenso dato dal marito all'inseminazione eterologa è irrevocabile e preclude la possibilità di esercitare l'azione di disconoscimento. Viene inoltre stabilita la regola secondo cui «in nessun caso è consentito riconoscere la paternità, nemmeno naturale, del donatore del seme utilizzato per la fecondazione di donna diversa dalla propria moglie», con il corollario di una dichiarazione di nullità per gli impegni e gli accordi relativi all'attribuzione della paternità e maternità.

9.5. Anche nel progetto di regolazione più permissivo non si abbandonano, quali criteri per il nuovo diritto, la centralità della famiglia e l'autoreferenzialità dell'infanzia; ciò fa sì che la norma non sia orientata al vantaggio dei genitori, ma al bene del bambino. Questo è, del resto, il criterio che ispira, in modo unitario, anche le norme che regolano l'adozione e l'affido.

Nell'insieme appare possibile e credibile offrire una regolamentazione delle tecnologie riproduttive nell'ambito del nostro sistema giuridico, frenando l'escalation del fenomeno e facendolo procedere in modo ordinato, conformemente a principi condivisi. È pur vero, però, che gli stessi principi-guida introducono varianti che consentono esiti del tutto diversi. È da valorizzare al massimo il consenso esistente sulla necessità di eliminare la pratica di queste tecnologie al di fuori dei centri autorizzati e il divieto di tali procedure a fini eugenetici, selettivi e commerciali.

10.CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

10.1. Nella nostra società si è evidenziato un consenso crescente sulla necessità di sottoporre a controllo l'espansione delle

369

tecniche di riproduzione medicalmente assistita, in nome sia dell'etica sia di appropriate norme giuridiche. Tuttavia non si è adeguatamente riflettuto sulla possibilità che tale azione possa venire esercitata in modo da soddisfare pienamente le esigenze e le aspettative. Se teniamo conto che l'interlocutore di questi interventi tecnologici è la famiglia, e che essa funziona come vuole, piuttosto che come vorremmo, siamo autorizzati a gettare uno sguardo disincantato sull'azione di controllo sia dell'etica sia della legge.

In tal senso ci inclina, in particolare, quanto è emerso nel precedente Primo rapporto sulla famiglia in Italia, ovvero l'evidenziarsi della famiglia autopoietica. Negli anni '80 si è accentuato un movimento silenzioso, che ha prodotto una famiglia di tipo diverso, non corrispondente alle attese sociali di chi l'ha guardata e che in qualche modo ha voluto guidarla dall'esterno. La famiglia è andata per conto suo. I tentativi di riportarla a qualsiasi ordine sono falliti. La radiografia della famiglia autopoietica o post-moderna ci parla di un organismo che è sempre più un sistema chiuso, e quindi elabora norme e valori secondo proprie modalità di comunicazione autoreferenziali.

10.2. Il ricorso all'intervento biomedico per ovviare agli ostacoli della procreazione è il caso più emblematico di quella «razionalizzazione privatistica dei mondi vitali che va avanti senza rispondere ad altro che a se stessa» xliv. Oggi si è affermato il convincimento che la società non può semplicemente stare a osservare il moltiplicarsi di queste tecniche. È necessario far intervenire funzioni di controllo, per porre limiti che non debbono essere superati. Ma realisticamente dobbiamo attenderei che regole e divieti si scontreranno con una famiglia sempre più determinata a regolare se stessa, sicché alla società non rimarrà che farli rispettare in minima misura.

i• Sandro Spinsanti ha insegnato etica medica alla Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica di Roma e dal 1986 è professore a contratto di bioetica alla Facoltà di Medicina di Firenze. Il suo apporto alla nascente disciplina della bioetica consiste in una particolare accentuazione della dimensione antropologica dell'atto terapeutico (Guarire tutto l'uomo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1988; L'alleanza terapeutica, Città Nuova, Roma 1988) e della prospettiva familiare nelle responsabilità connesse con la cura della salute (Nascere, amare, morire. Etica della vita e della famiglia oggi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989).

 Cfr. L. Gavarini, Fécondation artificielle: un débat centenaire, in La recherche, 1989, n. 13, pp. 1126ss. Già nel secolo scorso la procreazione senza sessualità, proposta nel 1885 da Joseph Gérard alla Facoltà di Medicina di Parigi con una tesi dal titolo Contribution à l'histoire de lafécondation artificielle, aveva sollevato un dibattito appassionato sul diritto dei medici di intromettersi nella vita intima delle coppie.

ii La prospettiva adottata è quella che auspica Pierpaolo Donati, quando chiede alla bioetica di ridefinire i propri paradigmi cognitivi su basi relazionali, in modo da sviluppare la capacità di osservare e trattare la coppia, e la relazione genitore-figlio, come relazione «sociale». Cfr. P. Donati, La famiglia come relazione sociale, Angeli, Milano 1989, soprattutto il capitolo «Nuove tecnologie della riproduzione umana e famiglia: una bio-etica senza relazioni sociali?», pp. 204ss.

iii Il caso giurisprudenziale più noto è il «caso di Roma», discusso in sede civile nel 1956. Si tratta di un'azione di disconosci mento di paternità, susseguente a una fecondazione artificiale praticata con il consenso del marito. Per una discussione dettagliata del «caso di Roma» e del problema del concetto giuridico di paternità, cfr. M. Mori, La fecondazione artificiale. Questioni morali nell'esperienza giuridica, Giuffrè, Milano 1988, pp. 43-82.

iv Cfr. L. Vandelac, La face cachée de la procréation artificielle, in La recherche, 1989, n. 213, p. 1112. Della stessa autrice cfr. anche L'infertilité et la sterilité: l'alibi des technologies de procréation, Tesi di sociologia, Università di Parigi, Parigi 1988.

v L'espressione è di Emma Fattorini. Cfr. E. Fattorini, Legge e morale nella obiezione di coscienza, in Memoria. Rivista di storia delle donne, 1989, n. 26, p. 37.

vi È emblematica, a questo proposito, la carriera della Fivet, che è stata diffusa prima di essere fatta oggetto di sperimentazioni su un modello animale adeguato, perché G. Edwards e P. Steptoe ritenevano proibitivi i costi dell'utilizzazione di scimmie. Il Comitato britannico per la ricerca medica aveva rifiutato nel 1971 di finanziare il progetto, ritenendo pericolosa la raccolta di ovociti per celioscopia. Rompendo la moratoria che esisteva dal 1975 sulla fecondazione in vitro, i due studiosi sono riusciti a imporre tale pratica (cfr. M. Blanc, L'ère de la génétique, Editions La Découverte, Parigi 1986). Per riprendere il giudizio sintetico di un ginecologo, «se si fosse giudicata la fondatezza della fecondazione in vitro sugli argomenti di cui si disponeva all'epoca, non la si sarebbe mai permessa» (cfr. R. Lepoutre, Gyn, Obs., 1988, n. 5).

vii Cfr. E. Cefalù, A.P. Ferraretti, L. Gianaroli, R. Palermo (a cura di), Evoluzione delle tecniche Fivet e Gift, XVI corso Sifes, Sirmione 13-14 maggio 1988.

viii La ricerca, diretta da Adele L'Imperio, si presenta come un «viaggio attraverso l'arcipelago delle tecniche di riproduzione artificiale: le nuove sirene». Comprende un'analisi dei risultati ascrivibili alle diverse tecniche e un'informazione esauriente sugli sviluppi legislativi in Italia. L'apporto originale di dati è costituito da tabelle che illustrano i risultati di trattamenti Fivet e Gift eseguiti in quattro centri (tre pubblici e uno privato, situati a Bologna, Milano e Roma).

ix Gli Atti sono pubblicati dalla rivista Transizione, 1989, nn. 13-14.

x Cfr. gli Atti in G. Ferrando (a cura di), La procreazione artificiale tra etica e diritto, in Quaderni di Diritto Comparato, Cedam, Padova 1989.

xi Il Cfr. G.B. Massi, S. Pellegrini (a cura), Tecniche di fecondazione assistita: aspetti etici e giuridici, Edizioni Riviste Scientifiche, Firenze 1990.

xii Le polemiche sulla attendibilità dei dati relativi alle tecniche di riproduzione assistita ricevono una conferma eclatante proprio da questa tabella, che pure appare in una pubblicazione di un organismo che opera nel settore: i totali di tre colonne della tabella sono sbagliati (i centri privati che applicano la tecnica Gift risultano 15 invece di 17; la Fivet è praticata in 7 centri universitari, anziché 8 e in 8 centri privati anziché 7).

xiii Cfr. Sifes, Evoluzione delle tecniche Fivet e Gift, op. cit., p. 9.

xiv Il dibattito sulla attendibilità delle cifre di successo fornite dagli operatori non è che un elemento del confronto molto aspro tra critici e sostenitori delle tecniche di riproduzione artificiale, confronto che è debordato dalle sedi specialistiche nei mass media. Il dibattito ha avuto un'emergenza pubblica con l'articolo pubblicato su Le Monde il 17 dicembre 1987, in cui un certo numero di sociologi, psicanalisti, scrittori, un biologo (J. Testard) e un ginecologo (N. Athéa) accusavano le équipe impegnate in procreazioni medicalmente assistite di diffondere «la nebbia di un'informazione senza etica». La polemica è proseguita con la viva reazione delle équipe chiamate in causa («Uno strano accanimento antimedico», Le Monde, 2 febbraio 1988) e con ulteriori risposte dei primi critici.

xv Cfr. J. Henry-Sucet et Alii (a cura di), Recherches récentes sur l'epidémiologie de la fertilité, Masson, Parigi 1986. Che l'infertilità sia un concetto elastico è dimostrato da numerosi studi. Una ricerca condotta in Georgia su 4745 donne mostra che, se l'infertilità è definita a seguito di una visita specialistica, il suo tasso è solo del 3,3%; sale invece al 16,8% quando venga assunta la definizione standard di assenza di concepimento dopo dodici mesi di relazioni sessuali senza contraccezione, Cfr., al riguardo, Marchbank et Alii, Annales du deuxième congrès mondial sur les maladies sexuelles transmissibles, Abstract, 1986.

xvi Cfr. L. Vandelac, La face cachée de la procréation artificielle, op. cit., p. 1119. La sua analisi si estende dalla confusione concettuale tra sterilità-infertilità e dalla definizione discutibile di infertilità all'amalgama sterilità-sterilizzazione. I rimpianti che sovvengono dopo le operazioni di sterilizzazione sono infatti una fonte inesauribile di clientela per le tecnologie di riproduzione. Vandelac conclude: «La sterilizzazione e le chirurgie di ripermeabilizzazione, finalizzate al recupero della fertilità, così come la Fivet e l'Iad, costituiscono ormai altrettante fasi della catena di montaggio della riproduzione medicalizzata» (p. 1123), Bisogna riconoscere, tuttavia, che questa prospettiva mal si applica all'Italia, dove la sterilizzazione continua a costituire una pratica contraccettiva trascurabile in termini percentuali. Da un rapporto sulla contraccezione messo a punto dall'Aied analizzando le cartelle cliniche di oltre 80 mila donne che si sono rivolte per la prima volta all' Associazione nel periodo 1984-1990, risulta che la propensione ad accettare la sterilizzazione come possibile sistema di contraccezione è passata appena dallo 0,8% del 1987 all'1,1% attuale.

xvii L. Vandelac, La face cachée de la procréation artificielle, op. cit., p. 1114.

xviii Cfr. J. Marcus-Steiff, in Les temps modernes, 1986, n. 1, p. 482 e in Autrement, 1987, n. 93, p. 147.

xix Cfr. G. Corea, C. Dewit, Riprod. Gen. Engin., 1988, n. 1, p. 292.

xx Cfr. L. Vandelac, La face cachée de la procréation artificielle, op. cit. p. 1115.

xxi Cfr. Ispes, Madre a ogni costo, op. cit., p. 105.

xxii Cfr. F. Bimbi, Riproduzione artificiale. Tipi di mercato e tipologie di regolazione sociale, Il Mulino; Bologna 1988. Cfr. anche della stessa autrice, La regolazione sociale tra mercato e diritto: un approccio microprocessuale alla riproduzione artificiale, in Transizione, 1989, n. 13/14, pp. 143-160.

xxiii Cfr. M. Mengarelli, Produrre lo riproduzione?, Fondazione per gli studi sulla riproduzione umana, Bologna 1986.

xxiv Cfr. C. Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano 1981.

xxv La ricerca di M. Mengarelli non rileva coppie per le quali potrebbe porsi il problema dell'opportunità etica della Fivet: «La generazione è un pieno diritto dell'individuo; suo corollario per il pieno compimento di tale diritto l'accesso alle tecnologie sostitutive del concepimento di cui la scienza dispone. In questo caso, se, come appare, le coppie italiane sterili qui rappresentate si collocano in piena cultura del "diritto alla scelta riproduttiva", ci sembra essere proprio questa la determinante culturale, la caratteristica omogeneizzante delle donne e degli uomini qui descritti, per i quali si è quindi già compiuto il passaggio dal figlio-dono, frutto della selezione naturale, al figlio-scelta e diritto», in M. Mengarelli, Produrre lo riproduzione?, op. cit., p. 68.

xxvi Come pista di accesso a questo registro, Leonardo Ancona suggerisce quella costituita da contraddizioni, confusioni e superficialità riscontrate nella prassi dell'inseminazione artificiale e dalle posizioni unilaterali sostenute a oltranza, a scapito di una valutazione razionale. Quanto all'inseminazione artificiale eterologa, lo psicanalista inferisce che risulta di fatto, a livello profondo, un atto che urta contro la barriera dell'incesto, quale si è istituzionalizzata in leggi e costumi che sostengono l'esogamia e la protezione sociale della famiglia. Cfr. L. Ancona, Aspetti psicologici della inseminazione artificiale, in R. Schoysman, S. Bettocchi, F.M. Boscia (a cura di), Inseminazione artificiale umana, Atti del II Seminario Internazionale, Bari 12-14 maggio 1980, Cofese, Palermo 1981, pp. 211-221. Cfr. anche W. Pasini, Valutazione critica degli aspetti psicologici dell'inseminazione artificiale eterologa, in Sessuologia, aprile-giugno 1978, n. 2.

xxvii Cfr. C. Melega, La selezione dei pazienti, in Evoluzione delle tecniche Fivet e Gift, op. cit., p. 40.

xxviii Il convegno Responding to Involuntary Childlessness si è tenuto a Zeist, in Olanda, dal 17 al 20 giugno 1988.

xxix Cfr. C. Labrusse Riou, La procreazione artificiale. Una sfida per il diritto, in MemoriaRivista di storia delle donne, 1989, n. 26, pp. 28-36.

xxx Ibid., p. 34.

xxxi Cfr. Sciences de la vie. De l'éthique au droit, La documentation française n. 4855, 1988. Merita una particolare considerazione l'argomentazione con cui il documento giustifica la propria scelta. Ritenuto impossibile mettere a fondamento della legislazione alcuni «dogmi», ovvero affermazioni di principio sulle quali non c'è consenso (ne vengono presi in considerazione tre: «Ogni persona ha diritto a un figlio»; «Ogni bambino ha diritto di conoscere le proprie origini»; «Ogni embrione è persona»), il Consiglio di Stato opta per una legislazione che si ispiri a dei valori. Oltre a quello citato, relativo alle strutture naturali di parentela, vengono indicati come valori anche il rimedio alla sterilità della coppia e il contributo al progetto genitoriale altrui.

xxxii Cfr. G. Delaisi De Perseval, Procréations artificielles et intérèt de l'enfant, in Études, 1989, n. 2, pp. 173-185.

xxxiii Una menzione speciale merita il volume: C. Byk (a cura di), Procréation artificielle: où en sont l'éthique et le droit?, Lacassagne, Lione 1989. L'opera raccoglie contributi multidisciplinari e internazionali, che fanno il punto sulla diffusione delle tecniche nei vari Paesi e sullo stato della elaborazione giuridica e della riflessione filosofica. Manca, in modo vistoso, un capitolo dedicato all'Italia.

xxxiv Cfr. J. GunningHuman IVF, Embryo Research, Fetal Tissue for Research and Treatment, and Abortion. International Information, Hmso, Londra 1990. Lo studio riporta anche i dati relativi alla ricerca sugli embrioni e sull'aborto nei vari Paesi.

xxxv Testo integrale della sentenza in Matter of Baby M., articolo comparso su Atlantic Reporter, New York, pp. 1227-1264.

xxxvi È interessante notare che anche il Comitato nazionale francese di etica nel suo Parere sui problemi etici nati dalle tecniche di riproduzione artificiale (23 ottobre 1984) mette in guardia dal ricorso alle «madri sostitute» (mères de substitution) con argomentazioni analoghe.

xxxvii I bambini nati da genitori «addizionali» (con donatori di gameti) fanno parte di una categoria ben nota agli psicanalisti: quella dei bambini con «segreti di famiglia».

xxxviii Le raccomandazioni di bioetica del Consiglio d'Europa e del Parlamento Europeo si possono consultare nella raccolta: C. Casini (a cura di), Il Parlamento europeo per uno statuto giuridico dell'embrione umano, Cinque Lune, Roma 1989.

xxxix Il testo integrale di queste proposte si può trovare, in allegato, nel volume: G.B. Ascone, L. Rossi Carleo, La procreazione artificiale. Prospettive di una regolamentazione legislativa nel nostro Paese, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1986.

xl Abbondante documentazione è reperibile nel dossier di allegati Leggi nazionali e internazionali sulla fecondazione artificiale che accompagna la ricerca dell'Ispes, Madre a ogni costo, op. cit.

xli Cfr. M. Mori, La fecondazione artificiale: questioni morali nell'esperienza giuridica, Giuffrè, Milano 1988, p. 334.

xlii Ibid., p. 337.

xliii Il rapporto della Commissione è riportato per intero da: G.B. Ascone, L. Rossi Carleo, La procreazione artificiale. Prospettive di una regolamentazione legislativa nel nostro Paese, op. cit., pp. 91-146.

xliv Cfr. P. Donati (a cura di), Primo Rapporto sulla Famiglia in Italia, Cisf, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989, p. 56.