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- Céline, o del disincanto davanti alla morte
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Sandro Spinsanti
SPERANZA E NARRAZIONE
in Attive
anno XXX, n. 1, maggio 2013, p. 22
22
“Ecco, arrivano i fatt' curagg'”
Si può dare la speranza a qualcuno che l’abbia persa? Se ci riferiamo a quell’orizzonte spirituale che prende anche il nome di "virtù teologale”, la risposta è senz’altro negativa: non si può trasmettere la speranza, così come non è possibile far passare a un’altra persona la propria fede o accendere nell’altro il fuoco della carità. Diventano figure patetiche quei professionisti delle buone parole, che le dispensano per dovere d’ufficio. Sia che ciò avvenga sotto il segno della cura pastorale, sia sotto quello più laico del volontariato.
Tempo fa Teresa Biavati, un’operatrice sociale, ha scritto un libro intitolandolo: “Quando arrivano i 'Fatt' curagg'” (ed. Cappelli). Raccontava la sua esperienza nell’ospedale di Bologna. Quando si presentavano i volontari, il personale sanitario li accoglieva con un sorrisino ironico e con sentimenti misti tra simpatia, tolleranza e scetticismo, dicendo: “Ecco, arrivano i fatt' curagg'”. Certo, la persona malata ha bisogno di qualcuno che le faccia coraggio, così come di un aiuto per alimentare la speranza. Ben vengano, dunque, tutti coloro che intendono dispensare parole positive e di conforto. Senza tuttavia farsi illusioni: è solo dall’interno della persona che può scattare la molla che cambia lo scenario.
Se non esistono ricette, si possono però individuare delle strategie. Quella privilegiata dal movimento umanistico che va sotto il nome di Narrative Based Medicine è il racconto.
Nei territori di cura circolano molte narrazioni. Alcune hanno finalità diagnostico-terapeutica (non dimentichiamo che tutto il percorso di cura comincia dalle risposte alle domande del medico: “Che problemi di salute ha? Dove sente dolore?”).
Altre narrazioni hanno lo scopo di ricostruire percorsi esistenziali che la malattia ha sconvolto. Buttati fuori da una storia ― quella che ci siamo raccontati sotto il segno della salute o della vita senza scadenze ― quando la malattia viene a visitarci, abbiamo bisogno di rivisitare la nostra biografia, costruendoci un’altra storia. Non sono solo progetti astratti e velleitari.
In un Hospice, ad esempio, agli ospiti che stanno conducendo la battaglia suprema della propria vita, vengono proposte delle sedute di “collage biografico”: disponendo su un foglio le foto che hanno scandito la propria vita, possono dare a se stessi e comunicare agli altri il senso che auspicano.
E la speranza può riprendere a far luce sul cammino, anche nei momenti più critici.