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Sirio Malfatti
DUE SETTIMANE ANCORA
Ponteblu edizioni, Loreto 2014
pp. 5-6
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LA SINDROME DI SHEHERAZADE
Tra la medicina e le arti esiste un'intesa consolidata nel tempo. Sono numerosi i professionisti della scienza medica che si concedono, quale "riposo del guerriero", momenti privilegiati in cui si dedicano alla musica o alla pittura. Per non parlare dell'ambito artistico più frequentato: la letteratura. Esiste un'"Associazione di medici scrittori italiani" che indice concorsi letterari. Anche il dottor Sirio Malfatti fa parte di quell'élite che alterna volentieri bisturi e penna. Coloro che godono il privilegio della sua amicizia sanno che dai cassetti della sua scrivania può far emergere romanzi polizieschi, con un commissario emulo di Maigret...
Ma questa volta il dottor Malfatti ha imboccato una strada diversa. Ha indossato i suoi racconti come un fonendo da appendere al collo; li ha messi nella sua cassetta degli attrezzi con cui pratica l'arte medica. Ha usato i racconti per accompagnare l'ultimo tratto del percorso terreno di Caterina, una paziente affidata alle sue cure in hospice. Ancor più: con i suoi racconti ha sostenuto la sua lotta con il respiro per due settimane ancora. Sullo sfondo si profila la figura di Sheherazade, che inventa racconti per restare in vita.
Come le infermiere dell'hospice, Sirio Malfatti è consapevole che gli ospiti che spiccano da quel trampolino il salto nel grande "oltre" danno a chi li assiste più di quanto ricevano. Caterina, insieme a quei malati che ha accompagnato fino alla fine, gli ha "ricordato di non essere solo un medico". Neppure un medico idealizzato come James Kildare. Ma la lezione da trarre è ancora più vasta di quanto si è soliti mettere sotto l'etichetta di "umanizzazione" dei professionisti sanitari; riguarda la medicina stessa: nella medicina c'è più della medicina! "Qien solo medicina sabe, ni aun medicina sabe" ("Chi conosce solo la medicina, non conosce la medicina"), sentenziava José de Letamendi, cattedratico di patologia generale all'università di Madrid e umanista celebre della seconda metà dell'ottocento. Potremmo anche dire: la medicina che conta (e deve contare con rigore: i gradi della temperatura, la percentuale dei liquidi corporei, il numero delle gocce di sedativo da somministrare...) va a braccetto con la medicina che racconta. La prima è la medicina basata sulle prove scientifiche di efficacia (Evidence Based Medicine, in inglese), la seconda sulla narrazione e sull'ascolto. Due facce di un'unica medicina, indissolubilmente unite come un Giano bifronte, ambedue indispensabili per praticare una buona medicina.
Di recente una consensus conference organizzata dall'Istituto Superiore di Sanità ha definito la Medicina Narrativa come una metodologia di intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa: "La narrazione è lo strumento fondamentale per
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acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura". Ovvero, grazie alla narrazione si costruisce insieme un percorso di cura personalizzato e condiviso. Gli esperti di Medicina Narrativa non menzionano scarpette da ballerina, gite al mare, negoziazioni di quando iniziare la sedazione palliativa o la dispersione delle ceneri al mare, alla presenza dei delfini... Ma c'è tutto questo, e anche di più, in una medicina che sia fatta con la scienza e con il cuore.
E a tutti noi, che ci aspettiamo il triste privilegio di ricevere buone cure durante il viaggio che ci toccherà fare attraverso malattie e decadenza fisica, rimane un auspicio: che la buona medicina non sia riservata esclusivamente all'ultimo tratto di strada. Le cure di fine vita, così come vengono praticate da Sirio Malfatti e da tanti altri professionisti della palliazione, hanno rivoluzionato la medicina che aveva privilegiato il guarire e dimenticato l'accompagnare. Ora i valori fondamentali della palliazione devono contagiare tutti gli altri segmenti del percorso, anche quelli che non si affacciano sulla morte; così che "James" (Kildare) non sia una felice eccezione, ma la regola.