La sociologia della salute nell’orizzonte delle medical humanities

Sandro Spinsanti

LA SOCIOLOGIA DELLA SALUTE NELL'ORIZZONTE DELLE MEDICAL HUMANITIES

in Salute e società, anno VI, supplemento 2/2008

pp. 164-166

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Remembering Achille Ardigò's collaboration at the establishments of a magazine dedicated to the Medical Humanities, are highlighted the contributions that health sociology can lead to recovery of all sizes that good medicine should provide. The main objective of a humanistic project in medicine was for Ardigò the passage of the subject from allured to patient, not in the sense of passive expectation, but as the bearer of control and self care.

Keywords: Medical Humanities, sociology of health, empowerment of citizens, the relationship between humanities and natural sciences, health professions, patient-physician relationship.

Parole chiave: Medical Humanities, sociologia della salute, empowerment del cittadino, rapporto tra scienze umane e scienze della natura, professioni della salute, rapporto medico-paziente.

Personalmente ho avuto l'opportunità di apprezzare le ricche potenzialità del patrimonio concettuale di Achille Ardigò nell'ambito della sua collaborazione alla rivista L'Arco di Giano. La rivista nasceva nel 1993, come espressione di un progetto culturale nato all'insegna delle medical humanities. Il progetto sarebbe stato poi raccolto dall'"Istituto Giano per le medical humanities", che lo conduce mediante la rivista JanusMedicina: cultura, culture (ed. Zadig) e un'intensa attività editoriale. Ardigò è stato invitato, insieme a una schiera di altri illustri rappresentanti di quelle che nella classificazione di Dilthey erano state qualificate come Geistwissenschaften, a portare la voce delle scienze sociali.

La simbologia della divinità bifronte della mitologia romana era stata assunta per significare quale ruolo si intendeva attribuire all'ampio ventaglio delle scienze dell'uomo rispetto a quello delle scienze della natura riferite alla medicina: non un ruolo subalterno o di mero addolcimento delle asperità create da un sapere che considera l'uomo e il suo corpo come un

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pezzo di natura tra gli altri. Neppure ci si voleva collocare in posizione di continuità con la tradizione di un "sapere umanistico" ― fatto di "belle lettere" e di cultura amatoriale delle arti ― che è stato a lungo di casa tra i medici del passato (le medical humanities si difendono da chi intende ridurle a medical amenities!).

Il simbolo di Giano intendeva conferire una uguale dignità a questo ambito del sapere, rispetto a quello che ha fatto propria la metodologia delle scienze naturali. Come le due facce di Giano guardano contemporaneamente in direzioni opposte, così la pratica medica si deve contemporaneamente appoggiare alle scienze esatte, o della natura, e alle scienze umane.

Tra le discipline convocate, a far corona alla sociologia, troviamo l'antropologia culturale e la psicologia, la storia della medicina e la pedagogia, la filosofia della scienza e l'economia; oltre ai saperi normativi, come il diritto, l'etica e le morali religiose. Le aree disciplinari dalle quali ci si aspetta un arricchimento dell' esercizio della medicina e della ricerca della salute sono lasciate libere di interagire tra di loro. Sono piuttosto i diversi problemi sanitari con i quali vengono confrontate che stabiliscono, volta a volta, chi abbia contributi da apportare.

Questo rapporto non strutturato gerarchicamente tra i diversi saperi che afferiscono alle medical humanities era ulteriormente sottolineato dalla simbologia dell'Arco di Giano. Emblema, tra i più noti nel mondo dell'antica Roma, l'arco quadri fronte è appropriato per significare l'incontro tra discipline e pratiche diverse. Questo tipo di arco mutua il suo nome da Ianus, cioè un passaggio coperto, a quattro fronti che sorgeva nei quadrivi più importanti dei quartieri cittadini. A differenza degli archi innalzati per celebrare trionfi, era destinato a essere una struttura che fornisce riparo, un luogo adatto a favorire gli incontri. Compresi gli incontri resi auspicabili ai nostri giorni dalla dispersione dei saperi che costituiscono l'arte terapeutica. Sotto le volte dell'arco le medical humanities possono stabilire quel proficuo commercio di sapere e di pratiche che possono portare a una migliore medicina.

Achille Ardigò aderì di buon grado al progetto. Con riserve, però, relativamente all'adozione della denominazione di medical humanities. Questa aveva l'intenzione di agganciare il progetto, nuovo per la cultura italiana, a quanto era già in atto da un paio di decenni in ambito anglosassone. Il pericolo per Ardigò consisteva in una possibile restrizione di orizzonte attraverso l'aggettivo "medico" applicato alle humanities. Discipline come la sociologia, la psicologia e l'antropologia culturale considerano come un risultato acquisito che la specialità subdisciplinare che si occupa dei processi di cura non sia più qualificata con l'aggettivo "medico", ma piuttosto "sanitario" o "della salute". La "sociologia sanitaria", appunto, abbraccia un ambito più vasto della "sociologia medica" (evitando inoltre di pagare un tributo a una concezione della medicina che subordina i saperi dell'ambito umanistico a quelli, considerati hard, delle scienze della natura).

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La sociologia della salute ha fatto molta strada dagli studi pionieristici di Talcott Parsons sui rapporti tra medico e paziente: a partire dal secondo dopoguerra, la dimensione macro-sociale e i problemi di una prassi politica di giustizia distributiva hanno caratterizzato profondamente l'agenda dei sociologi.

La forte istanza di Ardigò contribuì a sensibilizzare il comitato scientifico della rivista a evitare gli equivoci, dando alle medical humanities un significato ampio. Non vanno riferite in esclusiva al mondo medico, in quanto professione, ma a tutti i protagonisti del processo di cura e di promozione della salute: professionisti della sanità e pazienti, istituzioni e pratiche sociali, scelte individuali e politiche sociali.

Il contributo di Achille Ardigò al primo numero programmatico de L'Arco di Giano ("Scienze sociali", L'Arco di Giano, n. 1, 1993, pp. 142-154) dà voce, con molto anticipo, alle istanze che avrebbero portato a costituire la Società Italiana di Sociologia della Salute. Merita conto rileggere la definizione che fornisce della disciplina, che qualifica come ancora giovane:

Sociologia applicata allo studio e alla ricerca dei fenomeni umani o sociali concernenti la salute, la malattia, la disabilità psico-fisica e l'organizzazione delle cure sanitarie (dalla famiglia alle professioni, dalle strutture di intervento pubbliche alle prestazioni di associazioni e imprese private: "private di solidarietà e private per profitto").

Anche in una definizione scolastica, è sufficiente lo scarto semantico attribuito all'aggettivo "privato" per evocare, in chi ha avuto familiarità con il Professore, il lampo arguto che faceva capolino talvolta nel suo sguardo.

L'ampio scritto programmatico con cui Ardigò descrive il contributo che ci si può aspettare dalla sociologia al programma globale delle medical humanities ricostruisce dettagliatamente i percorsi seguiti dalla sociologia che si è occupata di cura (attraverso la distinzione tra medical sociology e la sociology of health. and illness) e approda a una forte accentuazione della sociologia sanitaria con approccio fenomenologico, ovvero della embolied subjectivity.

Nel programma di ricerca di questa articolazione della sociologia Ardigò indica il "passaggio del soggetto da infermo a paziente, da soggetto che si affida in caso di malattia come passivo oggetto corporeo alla diagnosi e cura dello specialista a soggetto che intende essere portatore di controllo e autotutela (se non di autocura), sensibile alla rilevanza del contesto macro-sociale come all'influenza delle sue relazioni di mondo vitale anche nel percorso dalla salute alla malattia e, sperabilmente, alla salute o a una cronicità controllata". Senza eccessiva enfasi, possiamo riconoscere che questo è stato, appunto, il percorso che la sociologia della salute ha seguito in Italia negli anni a noi più vicini.