- Dottore, mio figlio sarà sano?
- Paternità/Maternità e le sfide della bioetica
- Problemi etici nella fisiopatologia della riproduzione
- La riproduzione assistita dalla tecnologia
- Paternità/Maternità: fino a qual punto l'uomo può intervenire sulla natura?
- Lo statuto dell'embrione nel dibattito della bioetica
- Diagnosi prenatale ed etica della decisione
- Bioetica dei piccoli, bioetica dei grandi
- L'infanzia nell'evoluzione della bioetica
- L'impatto sociale delle tecnologie di riproduzione
Sandro Spinsanti
LO STATUTO DELL'EMBRIONE NEL DIBATTITO DELLA BIOETICA
in Nuovi orizzonti in tema di infertilità umana
Atti del Convegno per medici ed operatori socio-sanitari, organizzato dall'AIED
Roma, 28 novembre 1992
pp. 127-130
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Uno studioso tra i più informati su ciò che avviene nella bioetica e in prima linea personalmente nel tentativo di mettere dei confini, in nome dell’etica, alle possibilità umane nell’ambito biomedico, il prof. Jean Bernard, direttore per quasi un decennio del Comitato Nazionale francese per la bioetica, ha espresso recentemente la preferenza per un genere letterario non familiare né ai biologi, né ai filosofi. Come conclusione al suo libro “De la biologie à l'éthique" (Paris, 1992), ha posto una specie di storia fantascientifica della bioetica, immaginando che un esperto della disciplina faccia una lezione nel 2090 per spiegare agli ascoltatori lo sviluppo della bioetica negli ultimi cento anni.
Il futuro professore di storia della bioetica troverà utile dividere il secolo in tre parti. Il periodo che va dal 1990 al 2020 è caratterizzato da un’alternanza di inquietudine e di speranze. Cresce la consapevolezza che ai nuovi poteri della scienza corrispondono nuovi doveri dell’uomo. L’esplosione dell’applicazione selvaggia di nuove tecniche alla vita viene limitata, parzialmente e temporaneamente, dal diffondersi di comitati di etica e di risoluzioni internazionali. Ma la semplificazione delle tecniche le rende accessibili a moltissimi laboratori di numerosi Paesi. E il controllo sfugge di mano. Come esempio, l’ipotetico storico della bioetica adduce l’innesto di cellule nervose, che fu in grande voga verso il 2010...
Un secondo periodo ― i quarant’anni che si estendono dal 2020 al 2060 ― possono essere qualificati come uno dei periodi più neri nella storia dell’umanità. Sono una illustrazione di quanto può essere perniciosa l’alleanza tra il denaro e la biologia, tra il lucro e la scienza. Concepimento, gestazione, nascita, sviluppo del sistema nervoso, vita e morte: tutto appartiene a questa bio-tecnologia, governata da potenti società multinazionali. La banca e la borsa regolano ormai il mercato dell’uomo e di parte del suo corpo. Si diffondono Banche di sperma, di ovuli, di embrioni; tutti questi prodotti, in quanto oggetto di transazioni economiche, sono quotati in borsa. Gli embrioni, selezionati e manipolati, sono soggetti a fluttuazioni nei diversi mercati finanziari del mondo.
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Talvolta questi traffici riguardano gli embrioni nel primo stadio del loro sviluppo; talaltra si tratta di feti pervenuti a stadi più avanzati. Dopo il 2050 le compravendite riguardarono anche dei bambini, dopo che si era ottenuto, in un periodo più breve di quanto si fosse immaginato, le prime nascite per ectogenesi. Questi embrioni ricevevano in laboratorio, in coltura di tessuti, le stesse informazioni trasmesse da una gravidanza normale. E talvolta delle informazioni migliorate: e ciò aumentava il loro valore commerciale.
Al culmine di questa ascesa di una immoralità razionale, verso la metà del XXI secolo, il potere politico utilizzava a propria discrezione il progresso biologico. A tal fine aveva cancellato il nome stesso dell’etica e il ricordo dei valori morali del passato.
La ricostruzione della storia futura termina, tuttavia, con una nota di speranza. Nel terzo periodo, che inizia nel 2060, si è avuto un Rinascimento spirituale, intellettuale ed etico, con il recupero di valori fondamentali che il periodo precedente aveva affossato. I capisaldi sono costituiti da alcuni principi condivisi: ogni uomo è un essere unico, insostituibile, diverso da tutti gli altri uomini; deve essere rispettato e protetto dalla nascita alla morte; deve essere rispettato nella sua totalità, nell’unità della persona e in ciascuna delle sue cellule; né la persona, né le cellule devono essere oggetto di commercio.
Possiamo entrare simpateticamente in questo gioco di una storia della bioetica di lungo periodo e cercar di immaginare come valuteremmo, a un secolo di distanza, alcune vicende attuali che riguardano lo statuto dell’embrione. Dall’osservatorio fornito dall’anno 2090, come ci appariranno i tentativi delle istituzioni europee a dimensione soprannazionale ― il Consiglio d’Europa e il Parlamento Europeo ― di sottrarre l’ambito dell’intervento biotecnologico sulla riproduzione alla deriva e di far prevalere un progetto di armonizzazione nel controllo delle pratiche? Tra un secolo, come catalogheremo il tentativo di stabilire dei principi europei unitari di bioetica della riproduzione assistita e dell’intervento sull’embrione: tra i miraggi o tra le speranze?
Se l’ipotesi di Jean Bernard è corretta, di qui a cento anni considereremo come velleitaria l’intenzione del Parlamento Europeo di armonizzare le legislazioni dei vari Paesi della Comunità, quando ancora i rispettivi organi legislativi erano sostanzialmente paralizzati nella loro attività normativa da divergenze insanabili. Ricorderemo probabilmente come momento chiave di questo progetto fallito il dibattito sulle nuove forme di procreazione che ha percorso l’intera seconda legislatura del Parlamento Europeo. La ricerca di un accordo tra posizioni estreme è culminata in due risoluzioni approvate il 16 marzo 1989: la risoluzione Rothley sulla manipolazione genetica e la risoluzione Casini sulla fecondazione artificiale.
In ambedue si afferma l’obbligo degli Stati di proteggere la vita umana fin dalla fecondazione. Più specificamente, il diritto alla famiglia pone dei limiti nell’ampio spettro delle possibilità tecniche di riproduzione. La risoluzione Casini prevede, a tal fine, la fecondazione artificiale solo per scopo terapeutico (9), sconsiglia quella eterologa, tollerandola solo a certe condizioni (10) e proibisce la maternità su commissione (11). Anche per quanto riguarda la procreazione artificiale per coppie non coniugate, viene difesa una posizione restrittiva, con la seguente motivazione: “Fino a che la legittimità della famiglia e dell’affiliazione presupporranno il matrimonio, non sembra coerente un sistema che consenta legalmente la procreazione artificiale fuori dal matrimonio”.
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Probabilmente tra un secolo considereremo come ben intenzionata ma velleitaria la volontà di sottoporre a controllo l’espansione delle tecniche di riproduzione medicalmente assistita, in nome sia dell’etica sia di appropriate norme giuridiche. L’azione di contenimento affidata ai comitati e alla legislazione non teneva sufficientemente conto che l’interlocutore di questi interventi tecnologici è la famiglia, e che questa funziona come vuole, piuttosto che come vorremmo.
Soprattutto negli anni '80 si è accentuato un movimento silenzioso, che ha prodotto una famiglia di tipo diverso, non corrispondente alle attese sociali di chi l’ha guardata e in qualche modo ha voluto guidarla dall’esterno. La famiglia è andata per conto suo. La radiografia della famiglia “autopoietica” o post-moderna ci parla di un organismo che è sempre più un sistema chiuso, e quindi elabora norme e valori secondo proprie modalità di comunicazione autoreferenziali.
La volontà di far intervenire funzioni di controllo, per porre dei limiti che non devono essere superati, si scontra con una razionalizzazione privatistica dei mondi vitali, la quale non risponde ad altro che a sé stessa. Non siamo in grado di prevedere se il “Rinascimento spirituale” ipotizzato da Jean Bernard avrà bisogno di mezzo secolo o di un secolo intero per farsi strada, né se prima bisogna passare per il tunnel di una selvaggia barbarie biomedica, di cui la mercificazione dell'embrione è il simbolo più eloquente. Ci sembra tuttavia credibile che gli intenti regolativi da soli non possano aver successo, indipendentemente dal consenso sociale sui principi individuati da Jean Bernard come strutture portanti dell’umanesimo, anche in epoca di predominio tecnologico.
L’attività legislativa e quella giudiziaria non producono, di per sé, un innalzamento dell’“ethos” e della moralità pubblica. Possono però contribuire all’interiorizzazione di punti di vista sintonici con il Rinascimento spirituale. In questa prospettiva lo storico della bioetica che terrà la lezione tra cento anni potrà dare tutto il dovuto rilievo simbolico alla sentenza emessa dalla Corte Suprema del Tennessee il 1° giugno 1992. La Corte era chiamata a esprimersi nella causa Davis vs. Davis, una coppia divorziante. Nel corso di sei precedenti tentativi di FIVET, tutti falliti, la coppia aveva disposto che fossero prodotti numerosi embrioni, destinati ad essere impiantati. Ne rimanevano sette, congelati in una clinica. Giunti al divorzio, i Davis divergevano nei confronti del destino degli embrioni: la moglie voleva che fossero impiantati, per tentare ancora una gravidanza, mentre il marito voleva lasciarli congelati.
Nei processi per divorzio, la proprietà comune si divide in due. Quando si tratta, invece, di decidere circa la custodia dei bambini, si cerca la soluzione che promuova il “migliore interesse” dei bambini. Come bisognava regolarsi nei confronti degli embrioni congelati? Bisognava trattarli come una proprietà comune da dividere, oppure come bambini, il cui interesse va ricercato indipendentemente dalle preferenze dei genitori?
La corte di prima istanza aveva optato per la seconda alternativa. Dichiarò gli embrioni “bambini in vitro” e, nel loro migliore interesse, ne affidò la custodia alla moglie. In appello il tribunale diede alle parti un controllo comune (“joint control”) e uguale voce sulla disposizione degli embrioni. La sentenza introduceva una categoria di fondamentale importanza nel districare la matassa: il “diritto alla privacy”. In questo caso significava il diritto del sig. Davis di poter difendere la sua scelta di non generare un figlio. Per tutelare
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tale diritto, lo Stato non può concedere la facoltà che l’embrione sia impiantato contro la volontà di una delle parti.
La Corte Suprema del Tennessee con la sentenza del 1° giugno 1992 confermava quella emessa dalla Corte d’Appello. Con una modifica, però, della motivazione: piuttosto che di “privacy”, si tratta della difesa della relazionalità, ossia di rapporti che derivano da un fatto come la procreazione. Ognuno ha diritto di scegliere se diventare genitore e con chi, definendo così la propria relazione con un’altra persona e con la prole che può derivare da quella relazione.
Qualcuno può trovare carente la sentenza della Corte Suprema rispetto alla questione dello statuto morale degli embrioni. Di fatto, la Corte non li considera né persone protette dalla legge, né una proprietà. Si è orientata secondo gli standard etici proposti dalla American Fertility Society, per la quale si deve riconoscere l’esigenza di un “rispetto speciale” per gli embrioni a causa della loro unicità e potenzialità di vita umana e va demandato a coloro che forniscono gli embrioni l’autorità di decidere che cosa fare con gli embrioni stessi. Gli standards non definiscono che cosa fare quando gli interessati litigano...
La Corte, in assenza di un contratto dei coniugi sulla disposizione degli embrioni, si è limitata a riconoscere che nessuna entità aveva un interesse tale da indurre a togliere la decisione dalle mani degli individui cui spetta il diritto a procreare o a non procreare e che, stante la volontà di una delle due parti a non voler essere genitore, il suo interesse prevaleva sull’interesse dell’altro a usare gli embrioni. Focalizzando l’attenzione sulla relazione (e quindi sulla scelta di una parte di diventare genitore, quando questa obbliga l’altro a diventarlo contro la propria volontà), ha indicato una strada percorribile, anche perdurando le incertezze sullo statuto antropologico e giuridico degli embrioni, per dare risposte consone al Rinascimento spirituale che si richiede all’umanità.