![Book Cover: La fede guarisce?](https://sandrospinsanti.eu/wp-content/uploads/2019/09/56-medicina-e-morale-la-fede-guarisce.jpg)
- Antropologia cristiana
- L'etica cristiana della malattia
- Il linguaggio del corpo nella comunicazione rituale
- Gli animali nell'orizzonte della bioetica
- Gesù psicoterapeuta
- I concetti fondamentali della teologia spirituale
- Artista
- Martire
- Utopia
- Revisione di vita
- Modelli spirituali
- Quel filo imprevedibile
- Chiesa ubriaca o chiesa ispirata?
- I compagni scomodi dell'uomo-massa
- La chiesa anno zero: i primi tre giorni
- Gli stati di vita: vecchie e nuove prospettive
- Bioetica per la promozione della vita
- In cammino oltre il senso di colpa
- In cammino oltre il senso di colpa - conclusione
- La fede guarisce?
- Spiritualità nella malattia
- Irruzione di Dio
- Oltre il dualismo soma-psiche
- Psicologia del pellegrinaggio
- Proposta di lettura «transazionale» del vangelo
- Una nuova concezione dell'assistenza spirituale
- Digiunare oggi: come e perchè
Sandro Spinsanti
fasc. 3/1979, pp 353-358
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La medicina ufficiale, quella che si insegna nelle università, ha sempre saputo che esisteva anche una medicina popolare, irriducibile ai principi della scienza. Non la combatteva: si limitava a tollerarla. Un giorno — si dicevano i medici in camice bianco — il progresso raggiungerà anche quelle sacche di ignoranza e di superstizione, i guaritori di vario genere non avranno più credito. Vane speranze: le campagne sono spopolate e la cultura contadina disgregata, ma i guaritori si sono trasferiti nelle città. Non reclutano i loro clienti solo tra i miscredenti. Persone di ogni ceto e livello culturale, delusa dalla medicina scientifica, sollecitano i loro servizi. L’esistenza di una medicina parallela a quella scientifica è un dato di fatto ormai innegabile. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è pronunciata, in un documento diramato di recente, in favore di un ritorno all’impiego di piante medicinali e di rimedi tradizionali, nonché all’attività dei guaritori, in particolare nei paesi del Terzo mondo. La parola d’ordine è ora di valorizzare tutto il «potenziale» esistente, senza disdegnare la ricca eredità dell’esperienza ancestrale, che si esprime nella medicina tradizionale.
Questa autorevole rimessa in questione della medicina moderna e del suo funzionamento nei paesi in cui l’ordine simbolico e il sacro continuano a giocare un ruolo importante ci sollecita a riflettere criticamente sulla nostra situazione in Occidente. Se guaritori, veggenti, maghi e praticoni suscitano oggi un risveglio di interesse non è solo per i limiti tecnologici del nostro modello medico, per le disfunzioni del servizio sanitario o per il caos che regna negli ospedali. La medicina parallela risponde a bisogni che la medicina scientifica neppure avverte. I suoi clienti aumentano perché essa non si interessa di malattie,
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ma di malati. Chi va dal guaritore non cerca solo la guarigione, ma anche la possibilità di comunicare, di confidarsi. La medicina popolare implica un altro modo di considerare il corpo e la guarigione; è più globalizzante, rimanda il malato a se stesso, nei suoi rapporti con la malattia. Si occupa del dolore, del non misurabile, dell’indicibile, di quelle vicissitudini esistenziali del corpo che la medicina scientifica esclude scrupolosamente dal rapporto medico-malato. I sistemi di guarigione non ufficiali favoriscono la ricerca, condotta più o meno confusamente, di un senso alla propria esistenza, il prendersi a carico globalmente, anima e corpo, dentro e fuori. Di qui la loro parentela stretta con il sacro e la religiosità.
Per secoli, in tutte le società, il potere sul corpo era di pertinenza del sacro e la medicina esercitata dai sacerdoti, nei luoghi sacri. Anche l’Occidente cristiano non ha reciso bruscamente questo legame. La guarigione del corpo è stata lungamente associata a quella delle anime. I monaci e i sacerdoti hanno svolto funzioni mediche. Un modello di medicina naturale e semplice, esercitata dal clero, è rimasto vivo nelle campagne fino all’inizio del XIX secolo. Anche oggi non pochi guaritori di fama sono reclutati tra i religiosi. La religiosità popolare, che è concreta e centrata sul corpo, ha mantenuto un rapporto privilegiato con questo tipo di guarigioni. Luoghi di pellegrinaggio, reliquie, santi guaritori, statue, acque di fonti benedette, medaglie, ceri: il cristianesimo popolare ha continuato nel tempo a celebrare le sue liturgie del corpo dolorante, del fragile essere umano alla ricerca della guarigione. L’atteggiamento della chiesa gerarchica verso la religiosità popolare è stato più illuminato di quello assunto dalla medicina scientifica rispetto alla sua antagonista non ufficiale. La condanna è caduta solo sui casi più macroscopici di superstizione. Altrimenti la strategia nella chiesa cattolica è stata quella di assumere, purificare, incanalare le espressioni della religiosità popolare. Le ha riconosciuto il diritto di esprimersi col gesto — il pellegrinaggio individuale o collettivo, il bacio alla statua, il segnarsi con la reliquia —, ma vi ha aggiunto la gestualità sacramentale: confessione, comunione, sacramenti degli infermi. Anche l’eredità del paganesimo è stata accettata e ribattezzata: gli ex voto, che già ornavano i templi di Esculapio, sono diventati il segno del legame personale
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stabilito col Medico divino; i ceri, già lampade funerarie con cui i romani coprivano le tombe durante la settimana del culto degli antenati, concretizzano la preghiera, rinviano simbolicamente al corpo di colui che domanda. Solo i teologi della secolarizzazione auspicavano la fine di questa commistione della fede col sacro e annunciavano l’avvento di un «cristianesimo areligioso». Ma anche loro, come i sacerdoti della scienza medica, sono costretti a rivedere certe analisi culturali troppo impregnate di trionfalismo razionalista.
I guaritori hanno piantato la tenda accanto al policlinico universitario; i movimenti carismatici sfidano un cristianesimo «tutto di testa» con la guarigione attraverso la preghiera. L’uso terapeutico della religione ha assunto fisionomie diverse nelle varie tradizioni confessionali. Alcune sette protestanti si sono fatte promotrici di spettacolari riunioni di preghiera per la guarigione di ogni genere di infermità, spirituali, psichiche e fisiche. In genere queste sette non godono buona stampa presso le chiese istituzionali. Valga per tutte il richiamo alla Christian Science, fondata da Mary Baker verso la fine del secolo scorso. La dottrina scientista, di tendenza panteistica, insegna che l’unica realtà è lo spirito di Dio. Il peccato, la materia, la morte non sono cose reali, ma illusioni; cade in loro potere solo l’uomo che dimentica Dio. Le malattie si devono curare togliendo queste illusioni dalla mente dell’uomo. Si guarisce sprofondandosi in Dio con la preghiera. Nella pratica delle sette il ricorso alla preghiera per guarire è sconfinato spesso nell’abuso. Il superamento del razionalismo medico è diventato sfida alla ragione, disprezzo dei fattori corporei. Si è fatto uso di violente suggestioni primitive, unite spesso a grossolani esorcismi. Le riunioni di preghiera sono diventate il palcoscenico per guaritori di ogni specie, tra i quali è difficile discernere i carismatici dai ciarlatani.
Nella tradizione cattolica sono state privilegiate quelle guarigioni che potevano essere qualificate come «miracoli». L’apologetica ha cercato di contrapporre al razionalismo la prova inconfutabile dell’esistenza di un ordine soprannaturale, l’ordine della rivelazione divina. Ricorreva al miracolo per dimostrare «scientificamente» che in esso le leggi della natura erano state infrante ad opera di una causa non naturale. Come risultato di questa impostazione, l’interesse si
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restringeva ad alcune poche guarigioni straordinarie incontestabili (per l’argomentazione apologetica era sufficiente, al limite, dimostrare l’esistenza di un solo miracolo indubitabile). Si prendeva cura di escludere tutto ciò che cadeva sotto il sospetto di isteria o di suggestione, eliminando in tal modo tutto il settore, così importante dal punto di vista del vissuto umano, delle affezioni psicosomatiche. Tra le guarigioni miracolose si ritenevano solo quelle che si riferivano a malattie organiche certe, evidenti, giudicate inguaribili da numerosi medici; la guarigione stessa doveva essere caratterizzata da istantaneità o da stupefacente rapidità. L’ufficio medico di Lourdes è noto per la rigidità con cui seleziona le guarigioni che aspirano a farsi riconoscere come miracoli. Solo poche pretese guarigioni miracolose resistono al vaglio degli ambienti medici preposti a quel comitato; e tra queste molte vengono poi scartate successivamente dai vescovi responsabili del giudizio canonico.
Nella vita della chiesa il miracolo apologetico non esauriva certo l’interesse per la fede che guarisce. I credenti dei pellegrinaggi ai santuari e degli ex-voto per grazia ricevuta gridavano al miracolo anche quando medici e teologi scuotevano la testa. Nel cristianesimo popolare è sempre rimasta viva la fede nella guarigione in risposta alla preghiera, come fatto normale nella vita del credente (secondo le promesse di Cristo in Mc 16, 17-18 e Gv 14, 12). Di recente un grande impulso a riscoprire la componente terapeutica della fede è venuto dal movimento carismatico. Esso ha le sue radici nel pentecostalismo. Non tanto quello originario sorto in America all’inizio del secolo, con una forte componente settaria, incline alle manifestazioni spettacolari, bensì quello più moderato degli ultimi decenni, disposto a restare nelle chiese storiche e ad animarle dall’interno. In un decennio il rinnovamento pentecostale è diventato un fatto ecclesiale considerevole, che coinvolge tanto la base quanto le gerarchie cattoliche.
Una delle pratiche più singolari riproposta dal movimento di rinnovamento nello Spirito è appunto quella della guarigione mediante l’imposizione delle mani e la preghiera. Punto di riferimento è la comunità cristiana primitiva, delle cui pratiche terapeutiche carismatiche siamo abbondantemente informati dagli Atti degli Apostoli.
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I primi cristiani, a loro volta, si rifacevano alla prassi di Gesù stesso, nel cui ministero profetico le guarigioni sono state uno dei principali «segni dei tempi» messianici (cfr. Lc 4, 16-22). Il ministero della guarigione fa parte del mandato missionario di cui è investita la chiesa (Lc 9, 1-2; 10, 8-9).
L’ambito terapeutico della fede si estende oltre quello della medicina e del miracolo apologetico. Il termine di riferimento negativo, la malattia, va piuttosto sostituito con «mal-essere», come fenomeno globale che investe il corpo, la psiche e lo spirito dell’uomo. La guarigione è un processo che comincia dall’interno per riflettersi sul corpo malato. Ha inizio con l’intimo risanamento spirituale, vale a dire con l’esperienza di essere stati afferrati da Gesù e posti nella vita stessa della famiglia di Dio. Questa conversione è come una nuova nascita: il battesimo dello Spirito Santo. Dalla certezza della presenza della salvezza nella propria esistenza scaturisce una forza nuova per affrontare i mali della vita, presente e passata. Qualsiasi esperienza di rifiuto, oppressione, non-amore può essere guarita, comprese le ferite provocate dalle esperienze passate (la «guarigione della memoria»). I carismatici amano parlare della potenza terapeutica della pace di Gesù. Quando la coscienza è piena d’amore, di gioia, di pace, di pazienza, di bontà, di benevolenza, di fede, di dolcezza, di padronanza di sé (cioè di quelli che Paolo in Gal 5, 22 chiama «frutti dello Spirito»), possiede una forza di guarigione contro ogni male, compresi quelli fisici.
In questo tipo di guarigioni un ruolo decisivo gioca la comunità. Essa assicura un ambiente di amore e di sollecitudine in vista del sostegno del singolo. Allora la guarigione arriva al suo pieno sviluppo, fino ad essere cioè guarigione delle relazioni. Credendo in sé e negli altri, accettandosi e sentendosi accettato, il credente è motivato a sperare non solo in un semplice ristabilimento della salute, ma in una vita qualitativamente diversa. L’imposizione delle mani, che ha luogo durante la preghiera, esprime simbolicamente la comunione cristiana attorno a chi soffre e aiuta a visualizzare la forza terapeutica che circola nella comunità. La pratica della guarigione attraverso la preghiera apparirà meno strana qualora si consideri l’uomo nella
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reale unità psico-fisica-sociale della sua esistenza. Se già, come qualcuno ha osservato, il cinquanta per cento di ogni psicoterapia consiste in un rapporto diretto e caloroso col paziente, come si può sottovalutare l’effetto psico-somatico di un’esperienza come quella che assicura il gruppo di preghiera?