- Certezze e incertezze del sapere medico
- Le mani sulla vita
- L'educazione come terapia
- L'ascolto che guarisce
- L'ascolto che guarisce: conclusioni
- Le professioni della salute si incontrano
- Dottore, mio figlio sarà sano?
- Antropologia medica
- Antropologia medica
- Antropologia cristiana
- L'etica cristiana della malattia
- Vita fisica
- Salute
- Salute, malattia, morte
- Malattia
- Malattia
- La malattia come autoguarigione
- La malattia sotto il segno dell'ambiguità
- Passeggiando per i territori di cura: gli dei, i riti
- Comprendere la malattia
- L'approccio medico della sessualità
- La sessualità giovanile al tempo dell'aids
- Per un rinnovamento dell'etica cristiana della malattia
- Come ti senti?
- La forza di vivere
Sandro Spinsanti
L’approccio medico della sessualità: interrogativi etici e antropologici
Fasc. 3/1980, pp. 308-317
308
L’APPROCCIO MEDICO DELLA SESSUALITÀ’:
INTERROGATIVI ETICI E ANTROPOLOGICI
Sulla famiglia malata abbondano diagnosi e proposte di terapia. Sono in crisi i valori o le strutture, i ruoli o la comunicazione? Tot capita, tot sententiae. Sempre più spesso capita di sentir additare tra le cause dei mali della famiglia la miseria sessuale del nostro tempo. In questo caso il discorso riguarda, di per sé, direttamente la coppia, ma coinvolge la famiglia intera, in quanto il malessere si riverbera necessariamente su tutto il nucleo familiare. Così avviene, per esempio, quando la disarmonia sessuale dei genitori porta alla rottura del matrimonio e alla dispersione della famiglia. Molte coppie denunciano di avere una vita sessuale carente, talvolta piena di sofferenza. L’impressione è che il malessere sia realmente grande e tenda a espandersi. È un fenomeno nuovo, tipico della nostra epoca, o è sempre esistito ma emerge solo oggi perché le condizioni culturali (rivendicazione del diritto alla felicità personale, l’impatto dei mass media che ha fatto cadere i tabù e ha portato alla luce del giorno anche i segreti delle alcove) lo permettono? Quel che è certo, è che la domanda d’aiuto per le difficoltà sessuali è cresciuta vertiginosamente in breve volgere di anni. È un fenomeno che possiamo inserire nella domanda globale di salute, considerata come uno dei diritti fondamentali del cittadino. La salute sessuale (definita dall’organizzazione Mondiale della Sanità come «l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi, intellettuali e sociali nell’essere sessuato in modo da pervenire a un arricchimento della personalità umana, della comunicazione dell’amore») è un aspetto del benessere che ognuno si sente autorizzato a perseguire e anche a pretendere.
A fronte di una concezione della sessualità di grande spessore
309
antropologico, come quella che rispecchia la definizione dell’Oms, sta la richiesta di aiuto nei termini reali della domanda. Questa ha per lo più le stesse connotazioni della domanda medica corrente: oggettiva, volta al ristabilimento della funzione, preoccupata di togliere i sintomi. Nella fattispecie, i sintomi da eliminare sono le disfunzioni sessuali più invalidanti: impotenza ed eiaculazione precoce per l’uomo, anorgasmicità e vaginismo per la donna. Il sesso, così medicalizzato, diventa un ulteriore capitolo del manuale di patologia, un’appendice delle malattie veneree. La logica che sottende questa operazione è quella dell’imperialismo medico, che continua ad annettere province al suo dominio. Fatto il colpo di mano, tutto sembra apparentemente rimasto come prima, eppure una trasformazione radicale si è introdotta nel settore della vita umana che è stato medicalizzato. Quando è la volta della vita sessuale, la regione si chiama «sessuologia medica», e i nuovi funzionari coloniali «sessuologi». La loro caratteristica, come quella di tutti gli specialisti medici, sarà quella di sapere sempre più cose su un oggetto circoscritto, separato dall’ambiente e spesso anche dal resto dell’organismo. La tendenza prevalente della medicina odierna è di occuparsi di organi e di apparati, non della persona nella sua totalità, e tanto meno del rapporto tra le persone. L’uomo, ridotto dapprima al ruolo di portatore di un organo malato, scompare progressivamente dal campo di osservazione: è un oggetto troppo grande per essere esaminato al microscopio (a meno che non si mandi il paziente da un altro specialista, quello della «psiche», il quale possiede a sua volta un proprio strumento, non meno selettivo). Il timore che ci sorprende di fronte alla proposta di una sessuologia medica, intesa come istanza competente a ricevere le domande di aiuto nel campo delle disfunzioni sessuali, è quello di sacrificare una delle regioni più cariche di significato dell’esistenza umana per avere in cambio una nuova specialità medica e nuovi specialisti che si occupano di guasti da riparare. Prima di passare a esaminare quali sono le condizioni antropologiche ed etiche che rendono praticabile una sessuologia medica, è opportuno fermarsi a valutare che cosa comporta per la medicina il fatto di essere chiamata in causa nei problemi della vita sessuale.
L’aprirsi della medicina alla sessualità umana è, di per sé, qualcosa
310
di nuovo. Si registra infatti in tutta la storia della medicina occidentale una certa riluttanza a occuparsi di questo aspetto della vita. Il sesso in medicina è insieme vicino e lontano. La vicinanza è garantita dal fatto che il medico si occupa della vita biologica, considerata nella naturalità dei suoi processi. Egli ha accesso immediato al corpo, senza veli né segreti. Il corpo offerto allo sguardo medico nella sua nudità sfuma simbolicamente nella nudità dell’incontro erotico. Allo stesso tempo il sesso in medicina è lontano. Anzi, allontanato. Non solo per opportunità professionale la medicina ha preso le distanze dalla vita sessuale dei pazienti. Esiste probabilmente un motivo più profondo e non sempre cosciente, connesso con la finalità stessa dell’attività medica. Il medico si sente infatti riferito al dolore, mentre la sessualità lo mette di fronte al piacere. Questo aspetto della vita umana rimane abitualmente estraneo alla formazione medica tradizionale. E il medico, quando nel vivo della professione si imbatte nei problemi della vita sessuale dei pazienti, rinvia volentieri ad altre istanze, come quelle religiose. La reticenza del medico è sperimentata da molte persone anche nel campo della contraccezione, che molti medici preferiscono considerare più un problema di coscienza che un fatto sanitario.
La sessualità umana non è entrata nell’area del discorso scientifico attraverso la medicina. Vi è stata introdotta, da un lato dalla psicanalisi, dall’altro dalle scienze del comportamento 1. La prima ha messo a soqquadro la sensibilità borghese sul finire del secolo scorso svelando il contenuto sessuale rimosso di malattie apparentemente soltanto «mentali», come la nevrosi. A differenza del suo collega Breur, Freud non si è tirato indietro, in una posizione di sicurezza, quando ha avvertito la natura sessuale dell’isteria di Anna O.; ma per trattare le pulsioni senza esserne travolto ha preso delle precauzioni. Queste misure condizionano ancor oggi il trattamento analitico ortodosso. In esso il corpo è rigidamente escluso, sottratto addirittura
311
dal campo visivo. Il setting analitico è così severo proprio perché ha a che fare con la sessualità, anche se a livello simbolico. Nella psicoanalisi la dialettica vicino/lontano che abbiamo riscontrato nella medicina rispetto alla sessualità viene portata all’estremo: tanto più ci si avvicina al sesso, tanto più ci si premunisce di neutralizzarlo.
L’altro canale attraverso il quale la sessualità è stata assunta nel discorso scientifico è quello della ricerca sul comportamento. Il punto di riferimento obbligato da questo punto di vista è l’opera di Kinsey. La sua indagine ha assunto un valore simbolico, tanto che continua ad essere citata come l’inizio di un nuovo sguardo sulla sessualità umana. Non che prima che Kinsey cominciasse a intervistare la gente sui loro comportamenti sessuali esistessero solo conoscenze speculative e aprioristiche sul sesso. Benché i clinici non discutessero volentieri di problemi sessuali tra di loro o con i pazienti, c’era una ricerca di base sulla fisiologia e sugli aspetti comportamentali della riproduzione, nonché osservazioni sul comportamento sessuale umano. Kinsey stesso nel volume sul comportamento sessuale dei maschi riassume una ventina di ricerche, pubblicate tra il 1915 e il 1947, che usavano tecniche sistematiche di questionario e di intervista ed esaminavano reperti clinici per ottenere informazioni sul comportamento sessuale umano 2. Tuttavia è pur vero che con i rapporti Kinsey si è aperta una nuova epoca. Dopo un periodo di forte resistenze alla ricerca avviata da Kinsey e dai suoi collaboratori, questo tipo di indagine ha ottenuto diritto di cittadinanza; anzi, l’approccio empirico è considerato oggi come l’unico capace di contrastare l’ignoranza che si traveste da dogmatismo. Ora la ricerca sessuale in genere è considerata socialmente e moralmente accettabile dalla maggior parte della comunità scientifica e anche dal pubblico non specialista.
Più di recente il ruolo pilota nella ricerca sulla sessualità è stato assunto dagli scritti, molto ben pubblicizzati, di Masters e Johnson 3. Il loro interesse si è concentrato direttamente sui cambiamenti anatomici e fisiologici che sopravvengono nella risposta agli stimoli
312
sessuali, nonché sulla dinamica esatta dell’atto sessuale, sul suo decorso normale e sulle sue insufficienze. Superate le ultime esitazioni, la ricerca sulla sessualità umana ha preso la via dell’osservazione e dell’esperimento: non più questionari, ma elettrodi e sofisticate apparecchiature di registrazione durante l’atto sessuale stesso. Agli occhi di molti si è infranta così l’ultima barriera che inibiva la ricerca scientifica sulla sessualità. Questa ha cominciato ad essere considerata una funzione fisiologica come le altre, senza alcuna particolare aura di sacralità.
La «distanza» dal sessuale è così completamente abolita? Siamo entrati nell’epoca di una «sessuologia medica» che estende alla sessualità la precomprensione meccanicistica dell’uomo che domina buona parte della medicina? Questi timori ricevono conferma più dalle opere di divulgazione pseudo-scientifica (come quei manuali sul sesso e il matrimonio che hanno conosciuto una diffusione straordinaria negli ultimi vent’anni) che dai prodotti dei veri scienziati. Quando la sessualità viene ridotta al buon funzionamento degli organi genitali, solo apparentemente è abolita la distanza dal sesso, quasi fosse tutto risolvibile in superficie, nel visibile. In realtà si crea un’altra distanza, quella della completa oggettivazione.
Anche la sessuologia medica può, invece, conservare lo specifico della sessualità umana, senza deformarla. A esemplificazione, possiamo citare il manuale di sessuologia a cura di J. Money e H. Musaph, tradotto anche in italiano 4. Il riduzionismo nella costituzione di un sapere specialistico qui è stato coscientemente evitato. Non si è seguita la tendenza riscontrabile nelle specializzazioni mediche — ginecologia, «andrologia», urologia — a sganciare la genitalità dalla sessualità, giungendo così a una completa spersonalizzazione dei vissuti sessuali. Perché la sessualità dell’uomo conservi il suo carattere umano, bisogna che lasci spazio a tutte le componenti, che emergono solo da un approccio pluridisciplinare. Questa esigenza è rispettata dal manuale di Money. In esso la biologia e la fisiologia hanno uno spazio rispettabile, ma non meno della psicologia e dell’antropologia culturale, dell’etologia e della sociologia, e anche dell’etica e della teologia.
313
La scelta di fondo del manuale è quella di un approccio empirico centrato sulle basi comportamentali della sessualità umana. L’oggetto di uno studio corretto degli attributi umani, infatti, non è solo l’uomo, ma tutta la natura. Nel manuale si trovano ricerche sugli ormoni e sul loro influsso sul comportamento, sui feronomi e le monoammine cerebrali, esperimenti di cambiamento di sesso nei pesci e negli uccelli. E sbaglierebbe il cultore delle «scienze dell’uomo» che considerasse con sufficienza la ricerca biologica di base: anch’essa è necessaria per capire l’uomo. Con particolare interesse sono studiati gli esseri con i quali siamo in più stretta relazione: i primati non umani. Sono il termine di paragone più immediato, in quanto ci offrono l’opportunità di definire i modelli del comportamento che è tipico dell’uomo. In esso confluisce ciò che abbiamo ereditato come primati e ciò che è specifico della nostra natura umana. A livello umano, infatti, la sessualità rivela un «supplemento di senso». Non è più soltanto una funzione fisiologica finalizzata alla riproduzione o al piacere, ma ha un’importanza esistenziale e interpersonale. Anche la sessuologia medica può e deve sapere che la sessualità umana va collocata in uno schema complesso, che comprende anche le dimensioni metafisica e religiosa.
Della presenza di questa sensibilità nel manuale di Money citeremo due esempi: il capitolo su «Pelle, tatto e sesso», e la sezione dedicata a «Religione, ideologia, sesso». È da considerare un segno dei tempi che un manuale di sessuologia denunci l’impoverimento del contatto fisico nella nostra cultura e sottolinei l’importanza del tatto nei rapporti umani. La gamma è vasta: va dalla relazione madre-bambino («una relazione buona si esprime in un buon contatto epidermico, un cattivo rapporto in un contatto epidermico ridotto al minimo indispensabile») al contatto fisico con i pazienti agonizzati («non è difficile riuscire a calmare un paziente agonizzante inquieto e agitato accarezzandogli le mani e la testa»). Recentemente il contatto fisico è stato introdotto in varie tecniche psicoterapeutiche, specialmente nelle psicoterapie di gruppo.
La sessualità umana comporta anche un sistema normativo. Non per un abusivo straripamento del religioso, ai fini della repressione. Il motivo va ricercato nel fatto che le idee sulla sessualità e la
314
concezione antropologica sono collegate strettamente, e la proclamazione di un messaggio sul significato dell’esistenza umana implica necessariamente un messaggio sul significato della sessualità umana. Il manuale prende in considerazione le linee etico-normative di tre sole grandi religioni: il giudaismo, la cristianità protestante e quella cattolica. Concisamente vengono messe in risalto le caratteristiche fondamentali di ciascuna: la ricerca di equilibrio tra restrizione e spontaneità nel giudaismo, le fluttuazioni delle chiese protestanti sotto la spinta di cambiamenti culturali avvenuti tra il XVI e il XX sec.; il valore dell’essere umano come filo conduttore delle posizioni della morale cattolica. Agli estensori degli articoli sta a cuore di rilevare che né la chiesa cattolica, né le chiese protestanti si sono espresse riguardo al sesso in maniera indipendente dal contesto socio-culturale, e che attualmente la fedeltà ai precetti religiosi in materia di sessualità è diminuita in maniera considerevole nei credenti di tutte le religioni, che hanno gradatamente adottato i valori laici prevalenti nella società circostante.
Il lettore cattolico potrà eccepire che l’autorevolezza dell’enciclica «Humanae vitae» viene piuttosto minimizzata, e che si guarda con simpatia a quegli sviluppi permissivi nell’etica sessuale che il documento «Persona Humana» ha condannato come difformi dalla morale cattolica tradizionale. Tuttavia deve riconoscere, facendo un bilancio generare del manuale, che è possibile realizzare una sessuologia medica che non tradisce il suo oggetto e rimanga fedele alla nozione di sessualità come sessualità dell’essere umano.
La salvaguardia di tutte le dimensioni antropologiche, comprese quelle etiche, della sessualità umana all’interno della sessuologia medica ha una diretta incidenza sull’aspetto terapeutico. Lo scopo delle terapie sessuali — che è genericamente quello di aiutare le persone che hanno problemi di disfunzioni sessuali o di «identità di genere» — è perseguito differentemente dalle diverse terapie. L’antropologia implicita in ognuna è determinante nell’influenzare gli obiettivi e la strategia per raggiungerli. Nel vasto emporio delle psicoterapie attuali un diritto di priorità spetta alla psicoanalisi e alle terapie derivate. Nella psicoanalisi l’inadeguatezza sessuale è considerata come un’espressione sintomatica di un conflitto non risolto. Lo scopo terapeutico
315
è proprio la risoluzione di quel conflitto. Il trattamento è diretto all’esplorazione di tutta la personalità, piuttosto che concentrato sul singolo sintomo, quale può essere la disfunzione sessuale specifica. Anche le altre psicoterapie di derivazione psicoanalitica, pur non muovendosi a livello dinamico profondo, si occupano dei tratti della personalità e della loro influenza sull’attività sessuale. Spesso forniscono rassicurazione e una certa qual rieducazione sessuale, ma non un trattamento diretto al sintomo.
Del tutto diverso è l’approccio proprio delle terapie behavioristiche. L’accento cade proprio sullo specifico problema comportamentale, piuttosto che sul conflitto di personalità soggiacente. Si presuppone infatti che il comportamento inappropriato sia appreso, e mantenuto dalle condizioni ambientali. Si può perciò cambiare il comportamento mediante esperienze rieducative e mutamenti nelle situazioni ambientali. Per quanto riguarda specificamente le sintomatologie sessuali, si ricorre alle tecniche di «desensibilizzazione» messe a punto da Wolpe per i comportamenti disfunzionali legati all’ansia 5.
Un passo ulteriore in questa linea è stato fatto da Masters e Johnson, i quali hanno cercato un’applicazione terapeutica delle conoscenze sulla risposta sessuale umana ricavata dalla loro ricerca 6. La premessa di base è di considerare il sesso come una funzione naturale, la quale però è mal compresa. Ciò va addebitato alla nostra cultura, che lega la prestazione sessuale all’idea di «performance», e alla povertà di comunicazione tra i due partners. Di qui la paura del fallimento sessuale, che Masters e Johnson considerano la causa principale dell’inadeguatezza sessuale. I loro assunti terapeutici consistono essenzialmente nel trattamento della coppia che ha problemi sessuali come un’unità; nell’intervento di un’équipe terapeutica costituita da un uomo e da una donna; nell’isolamento della coppia disfunzionale dal contesto della vita quotidiana e dal lavoro, e partecipazione a un programma terapeutico per un periodo di due settimane. Un progetto così esigente è praticabile da poche persone. È stato necessario perciò modificare il setting terapeutico di Masters e Johnson,
316
introducendo il trattamento di individui, oltre che di coppie, facendo intervenire un solo terapeuta, integrando le tecniche di terapia sessuale con la più tradizionale terapia psicodinamica.
Un forte shock sull’opinione pubblica hanno prodotto quelle tecniche che usano materiali grafici esplicitamente sessuali. Durante gli incontri di gruppo, in un’atmosfera quieta e rilassata, vengono mostrati molti stili e generi di comportamento sessuale, mediante l’uso di films, videoregistratori, diapositive. A questa parte fa seguito una discussione di gruppo, in cui vengono esplorati e comunicati sentimenti e reazioni al materiale visivo. lì presupposto da cui parte questo approccio è che molti problemi sessuali sono il risultato di fattori emotivi inappropriati, i quali producono ansia circa le sensazioni e il comportamento sessuali. Esponendo le persone a contenuti sessuali espliciti, dopo la forte reazione di ansia iniziale, l’aperta discussione mira a ridurre l’ansia e a produrre atteggiamenti più accettabili circa il comportamento sessuale. Questo materiale, abbondantemente esposto in occasione del terzo congresso mondiale di sessuologia medica tenutosi a Roma, ha provocato reazioni comprensibili. La preoccupazione è che la sessuologia prenda la strada della facilità, nonché della commercializzazione, che la porti a confondersi con la pornografia. La pubblicità di quel materiale audiovisivo, benché ideato con fini educativi e terapeutici, non è infatti molto diverso da quella di un volgare sexshop.
La sessuologia medica è una disciplina in formazione. Deve essere aiutata a non percorrere sentieri ambigui, a non impoverire la sessualità umana, sotto la spinta del mercato o di una scienza ispirata da una antropologia mutilata, dimentica che l’uomo è un’unità bio-psico-spirituale. È necessario l’apporto di coloro che condividono una visione spiritualizzata dell’uomo. Da loro ci si attende una giusta valutazione del corpo: nessuna riserva sulle conoscenze fisiologiche che possono aiutare a sbloccare la vita sessuale inceppata. Ma devono anche ricordare alla nostra cultura, non ancora libera dal mito del materialismo meccanicista, che l’elemento decisivo per la sessualità umana è il giusto rapporto del cuore e nelle emozioni con se stessi e con gli altri. «Adesso quasi tutti sanno fare l’amore, ma quasi
nessuno è capace di amarsi»: la frase è stata attribuita a un eminente sessuologo. Un’affermazione che dovrebbe far riflettere quanti pensano che basta la padronanza delle tecniche sessuali per liberare la vita amorosa degli uomini e delle donne dal malessere che le soffoca.
1 Un’eco di quell’obbligo deontologico si può forse trovare nell’art. 32 del nuovo Codice di Deontologia Medica (1978): «Il medico che, abusando della sua posizione professionale, si comporti in modo scorretto, commette grave infrazione disciplinare, indipendentemente dalle eventuali responsabilità civili e penali nelle quali egli può essere incorso».
2 A. Ch. Kinsey, Sessual Behavior in the Human Male, Philadelphia 1948, pp. 23-31.
3 W.H. Masters, V.E. Johnson, Human Sexual Response, New York 1966, id., Human Sexual Inadeguacy, New York 1970.
4 J. Money, H. Musaph, Sessologia, tr. it. Roma 1968, 3 voll.
5 J. Wolpe, The practice of Behavior Therapy, Elmsford 1969.
6 W.H. Masters, V.E. Johnson, Human Sexual Inadeguacy, New York 1970.