- Interessi plurali, interessi in conflitto nella pratica clinica
- Conflitto di interessi
- L'alleanza terapeutica
- Chi ha potere sul mio corpo?
- Curare e prendersi cura
- Il medico e il paziente, una relazione complessa
- Le mani sulla vita
- Come riconoscere il medico giusto
- Cambiamenti nella relazione tra medico e paziente
- L'educazione come terapia
- «Dottore, sto male» - «Mi racconti»
- Narrative based medicine
- We have a dream
- L'ascolto che guarisce
- La comunicazione medico-paziente
- La gestione dei conflitti in ambito sanitario
- Ripensare la cura nel contesto di una società conflittuale
- La necessità di porre limiti alla medicina
- Parlare o tacere?
- Il rapporto medico-paziente
- Il recupero del soggetto
- Etica della vita e intervento sanitario
- Elogio della indecisione
- Comunicare e informare: quale empowerment per il cittadino?
- L'ascolto che guarisce: conclusioni
- Dignità del malato e dignità del medico
- Aspetti etici della relazione medico-paziente
- La decisione cardiochirurgica: aspetti etici
- Il segreto nel rapporto con il paziente sieropositivo
- Il rapporto medico-paziente: modello in transizione
- La formazione culturale del curante
- Le professioni della salute si incontrano
- Le separazioni nella vita
- Quando inizia l'accanimento diagnostico e terapeutico?
- L'accanimento diagnostico e terapeutico
- La persona è al centro della comunicazione
- Il medico impari a non «scomunicare»
- Ma il malato deve o vuole sapere?
- Il dottor Knock si aggiorna
- Il tempo come cura
- A una donna come me
- La difficile virtù di saper ascoltare
- Dottore, ma l'operazione s'ha proprio da fare?
Sandro Spinsanti
IL TEMPO COME CURA
in Attive
anno XXX, n. 2, ottobre 2013, p. 22
22
Come descrivere il cambiamento che interviene nella vita di una persona quando passa dalla salute alla malattia? La scrittrice Susan Sontag, riferendo del cancro al seno che l’ha colpita, ha utilizzato l’immagine del trasloco: “Tutti quelli che nascono hanno una doppia cittadinanza, nel regno dello star bene e in quello dello star male. Preferiremmo tutti servirci soltanto del passaporto buono, ma prima o poi ognuno viene costretto, almeno per un certo periodo, a riconoscersi cittadino di quell'altro paese" (La malattia come metafora). Ecco: la malattia ci “delocalizza”!
Anche le metafore temporali, oltre a quelle spaziali, esprimono bene lo sconvolgimento che la patologia introduce nella vita. Il tempo subisce un’improvvisa stretta: ci rendiamo conto di avere un’esistenza a termine, le priorità cambiano e niente diventa tanto urgente quanto mettere in campo tutte le risorse della medicina per contrastare la malattia.
Che dire allora di un movimento che si presenta come Slow Medicine? Sembra quasi una provocazione, tenendo conto dell’urgenza che si installa nella nostra vita quando la salute è minacciata. Eppure, bene intesa, la Slow Medicine è proprio la terapia giusta per i mali che soffre la pratica della medicina dei nostri giorni.
Cancelliamo anzitutto dalla mente l’idea che la Slow Medicine si proponga di allungare i tempi con cui si praticano le cure mediche. Ci viene in soccorso l’analogia con Slow Food, a cui il movimento sorto in medicina chiaramente si ispira. A nessuno verrebbe in mente che Slow Food voglia proporre di “mangiare lentamente”, come correttivo all'abbuffarsi a tavola! Slow Food è piuttosto una filosofia di vita, che include ciò che si mangia, ma soprattutto come si produce il cibo, come lo si distribuisce, il rapporto con la terra e l’ambiente... Sostanzialmente, “slow” equivale a una modalità diversa, che può applicarsi sia all’alimentazione che alle cure mediche.
La Slow Medicine non promuove indiscriminatamente la lentezza: sarebbe una caricatura della medicina affermare, ad esempio, che l’infarto debba essere trattato prendendosi tempo, con tutta calma, o che non sia importante cogliere subito i sintomi per intervenire tempestivamente su una patologia presente ma non ancora conclamata.
Stimola invece a riconoscere qual è il momento opportuno.
La Slow Medicine può voler dire tanto che non bisogna perdere tempo, là dove è opportuno intervenire celermente, tanto che bisogna trovare il tempo, là dove la pratica corrente tende a tirare via in fretta.
Il secondo caso è quello che riguarda l’informazione. L’ascolto del paziente e del suo vissuto di malattia, la condivisione del percorso terapeutico e la negoziazione delle scelte richiedono tempo: un tempo che non è un lusso o una cortesia del terapeuta, ma né più né meno che una risorsa necessaria per curare, come può esserlo un bisturi, un antibiotico o un sedativo. “Il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura”: è l’affermazione senza equivoci della Carta di Firenze, redatta da alcuni professionisti motivati a promuovere la buona medicina. Questo tempo privilegiato sta nell’agenda della Slow Medicine, per la quale la medicina alla quale aspiriamo deve avere essere "sobria, rispettosa del paziente e giusta".
Un programma che non possiamo non sottoscrivere.