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INTERESSI PLURALI, INTERESSI IN CONFLITTO NELLA PRATICA CLINICA
in Etica della cura in oncologia
a cura di Luisella Battaglia, Ivana Carpanelli, Guido Tuveri
Carocci Faber, Roma 2010
pp. 182-186
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Il recente Codice di deontologia medica (FNOMCEO, 2006), approvato nel dicembre 2006, contiene un articolo dedicato al conflitto di interesse, corredato di una linea guida per l'applicazione. È la prima volta che, nelle numerose versioni del codice che si sono succedute negli anni, si fa menzione del conflitto di interessi nella pratica della medicina. Finalmente, vorremmo dire: la possibilità che ci siano interessi in conflitto cessa di essere scotomizzata. Registriamo anche una singolare coincidenza cronologica: il codice esce esattamente a un secolo di distanza da una celebre formulazione di uno scenario di conflitto di interessi, quella che George B. Shaw ha affidato alla sua commedia Il dilemma del dottore, andata in scena a Londra per la prima volta nel 1906. Shaw immagina un medico di successo che, avendo introdotto un nuovo trattamento della tubercolosi tramite la vaccinazione, è assediato dalle richieste. Non potendo accogliere tutti, è costretto a fare una selezione. Grazie all'insistenza di una moglie, entra in scena un nuovo candidato: un giovane pittore, dall'equivoca posizione morale, ma indubbiamente dotato di talento. Il dottor Ridgeon, convinto che si tratti di un genio, in un primo tempo è incline a dargli la precedenza: «Non capita tutti i giorni una vita che meriti davvero di essere salvata. Dovrò far uscire un altro dall'ospedale; ma troverò sicuramente qualcuno peggiore di lui» (Shaw, 1984, p. 42).
Ma durante lo sviluppo della commedia gli interessi del dottore si spostano. Attratto dalla giovane moglie del pittore, considera che come vedova potrebbe essere un buon partito per sé stesso. Fa in modo, perciò, che il pittore tisico sia affidato a un altro medico, di cui conosce l'imperizia. Il trattamento ha un esito letale, ma il dottor Ridgeon non si colpevolizza: se il medico, argomenta, è obbligato come ogni altro a rispettare il comandamento "non uccidere", non è però tenuto ufficialmente a salvare Vile.
Dietro il dilemma del dottore, riconducibile al problema dell'allocazione delle risorse scarse, che non bastano per curare tutti, G.B Shaw lascia
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intravedere il conflitto di interessi del medico. Gli strali satirici del commediografo, in realtà, non sono diretti contro la medicina in sé, bensì contro l'esercizio privato della professione e le incentivazioni economiche a esso connesse. Nella prefazione alla commedia scriveva Shaw (ivi, p. 97):
Che una nazione di uomini sani di mente, avendo constatato che la produzione di pane viene stimolata dai profitti conseguiti dai fornai, consenta ai chirurghi di trarne un profitto analogo dal taglio delle tue gambe, è un fatto di per sé sufficiente a farei perdere ogni fiducia nel consorzio civile. Eppure, è proprio questo che noi abbiamo autorizzato.
A suo avviso, l'esercizio privato della medicina è governato non dalla scienza (e tanto meno dalla coscienza!), ma dalla legge della domanda e dell'offerta; e la domanda può essere creata artificialmente, come sanno i commercianti più aggiornati: «Trasformando i medici in mercanti, noi li costringiamo ad apprendere i trucchi del mestiere, finendo per scoprire che ogni annata ha le sue mode non solo in materia di capelli, maniche, ballate e giochi, ma anche di cure, operazioni o medicine» (ibid). Inutile ripetere a
G. B. Shaw la formula della" scienza e coscienza" del medico come garante per il paziente: la considera una fragile barriera, facilmente aggirabile da più forti interessi. Eppure, ancora per un secolo le formulazioni deontologiche hanno ignorato altri interessi del medico, oltre quello del bene del malato, e hanno implicitamente invitato i cittadini ad affidarsi al suo discernimento scientifico e morale. Tanto più notevole è, perciò, la novità di un esplicito riconoscimento del conflitto di interessi contenuta nel nuovo codice.
La descrizione del conflitto è contenuta nell'art. 30 (FNOMCEO, 2006):
Riguarda aspetti economici e non, e si può manifestare nella ricerca scientifica, nella formazione e nell'aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici e nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, nonché con la Pubblica amministrazione.
Le linee guida applicative dettano poi norme specifiche riguardanti, rispettivamente, la ricerca scientifica, l'aggiornamento e formazione e la prescrizione di farmaci. L'interesse primario del medico, afferma il codice, non deve essere" indebitamente influenzato da un interesse secondario". La definizione di conflitto di interesse coincide ampiamente con quella già proposta da Bobbio (2004), secondo la quale si ha conflitto di interesse quando ci si trova in una condizione in cui il giudizio professionale riguardante un interesse primario (la salute del paziente o la veridicità dei risultati
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di una ricerca o l'oggettività della prestazione di un'informazione) tende a essere indebitamente influenzata da un interesse secondario (guadagno economico, vantaggio personale).
Nel modello ideale di buona medicina che ci è stato lasciato in eredità dalla tradizione, gli interessi del medico e quelli del paziente erano allineati e confluenti. Il medico era idealmente rappresentato come un professionista disinteressato. La coscienza del medico, chiamato, secondo la formula standardizzata, a prendere le decisioni" in scienza e coscienza", era la migliore garante che il corso delle cose fosse volto a garantire il bene del paziente, a cui era richiesto di affidarsi al medico con fiducia. Soprattutto la tradizione della medicina liberale si è fatta paladina di questa strutturazione dei rapporti, coprendo con il manto della deontologia professionale ogni scenario di conflitto e tendendo a escludere come un'ingerenza indebita ogni intervento di terze parti nel rapporto medico-paziente, compresa la presenza stessa dello Stato con il suo Servizio sanitario.
L'ostilità degli ordini professionali dei medici alle modalità socializzate di assistenza sanitaria, in nome del modello liberale, si è espressa ovunque. Quando le assicurazioni obbligatorie di malattia si sono diffuse come forma di copertura, i medici si sono opposti a quello che veniva definito "pagamento di terze parti". È esemplare, in tale senso, la posizione dell'American Medical Association, che negli anni trenta del Novecento si opponeva all'assicurazione sanitaria nazionale: sosteneva che l'interferenza pubblica attraverso i sistemi assicurativi era chiaramente contraria agli interessi del paziente, difesi dall'etica medica tradizionale.
Ai nostri giorni il conflitto di interessi non è più un'ipotesi impronunciabile per descrivere ciò che avviene nell'ambito della medicina. Anche il Comitato nazionale per la bioetica (2006) ha prodotto un documento, Conflitti d'interessi nella ricerca biomedica e nella pratica clinica, che prende in considerazione un ampio ventaglio di conflitti ai quali è esposto sia il medico ricercatore che il clinico. L'inventario delle situazioni nelle quali possiamo identificare possibili conflitti è molto ampio: il conflitto può riguardare il rapporto tra ricerca e pratica clinica (gli obblighi dei ricercatori nei confronti del progetto di ricerca possono confliggere con i loro obblighi nei confronti dei singoli pazienti), tra didattica e terapia (l'uso dei pazienti per l'apprendimento degli studenti di medicina contrasta con il diritto del paziente di essere informato sull'abilità di chi interviene su di lui), tra sanità pubblica e medicina privata, tra gli interessi di aziende farmaceutiche e quelli di una medicina che si propone di evitare pericolosi abusi consumistici dei farmaci. Infine, quasi sinonimo di conflitto di
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interessi in quanto tale, c'è l'incidenza del sistema di compensazione dell'attività del medico o di finanziamento degli ospedali.
Sotto accusa è il sistema dei DRG o modelli analoghi che compensano le prestazioni sanitarie secondo una modalità prospettica. Soprattutto suscita perplessità il sistema della managed care diffuso negli USA, che prevede accordi tra le organizzazioni e gli erogatori dei servizi (ospedali, specialisti, singoli medici ecc.) sulla base di un compenso globale e forfettario a quota capitaria (capitation), ovvero di una quantità di denaro determinata per ogni paziente, indipendentemente dall'effettiva erogazione delle prestazioni. La preoccupazione che emerge è che venga erosa alla base la fiducia stessa nei confronti del medico, se il suo vantaggio economico è inversamente proporzionale a quanto fa per il paziente. Tutti i sistemi di pagamento prospettico invertono la direzione dell'ago della bilancia: quando il medico è pagato all'atto, ha interesse a erogare il maggior numero di prestazioni al paziente, mentre con questa formula, meno fa più guadagna.
È sicuramente apprezzabile lo sforzo del codice deontologico di portare chiarezza in un ambito della professionalità medica tra i più discussi della nostra società. Tuttavia, sembra che questa prima formulazione dei conflitti di interesse presenti nella professione del medico sia ancora tentennante. L'incertezza emerge se confrontiamo l'art. 30 del codice, dedicato tematicamente al conflitto di interesse, con l'art. 6, che delinea la qualità professionale del medico. L'art. 30 lascia intendere che l'interesse del medico sia uno solo: la salute dei cittadini. Ciò che può entrare in conflitto con quell'interesse, così come viene esplicitato nelle linee guida applicative, ha un carattere contingente. L'art. 6 invece presenta una realtà ben più complessa. Per essere un buon medico, il professionista non può limitarsi a fornire le migliori cure al malato che ne ha bisogno, così come le identifica la scienza medica oggi, ma deve contestualmente promuovere la capacità della persona di partecipare alle scelte che lo riguardano e tutelare l'accesso ai servizi sanitari dei più svantaggiati. Secondo l'art. 6 (FNOMCEO, 2006):
Il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell'autonomia della persona tenendo conto dell'uso appropriato delle risorse. Il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure.
La formulazione del codice è ricalcata sulla carta della professionalità medica, promossa dalla European Federation of Internal Medicine e
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dall'American Board of Internal Medicine, pubblicata congiuntamente da "Lancet" e dagli "Annals of Internal Medicine" nel 2002 (EFIM, ABIM, 2002). Nel descrivere le responsabilità dei medici la carta faceva riferimento ai tre principi fondamentali evidenziati dal movimento della bioetica: il principio della centralità del benessere dei pazienti, il principio dell'autonomia dei pazienti e il principio della giustizia sociale. In questa ottica il nuovo profilo della responsabilità professionale richiede di misurarsi non con un solo parametro (il bene del paziente) bensì con tre; né si può definire un buon esercizio della professione medica quello in cui il sanitario non abbia a cuore la promozione di tutti e tre questi obiettivi.
Gli interessi del medico, dai quali non può prescindere la buona medicina, si estendono dalla somministrazione delle cure efficaci alla preoccupazione per un'equa allocazione delle risorse, passando per l'empowerment del cittadino. Gli interessi perciò sono plurali: l'idea che uno, la salute del malato, sia prioritario e gli altri vengano in seconda linea non trova giustificazione in questa visione. Il medico deve fare il bene del malato, ma deve farlo nel modo giusto, rispettando la sua autonomia, senza dimenticare i suoi doveri di assistenza nei confronti di tutti quelli che hanno diritto e bisogno, promuovendo sistemi sanitari giusti. Questi interessi potrebbero essere idealmente allineati, ma realisticamente possiamo immaginarli in conflitto. Il conflitto di interessi, così formulato, ha un carattere non contingente ma necessario.
In questa prospettiva bisogna ripensare anche alla conflittualità tra gli interessi. La parola" conflitto" ha una connotazione per lo più negativa; significa una situazione indesiderabile, che si dovrebbe prevenire o quanto meno risolvere eliminando i conflitti. Ma se gli interessi sono plurali, è ipotizzabile che possano scontrarsi tra di loro. Anzi, il conflitto dovrà essere previsto come la regola, piuttosto che come l'eccezione; e la saggezza consisterà non nel neutralizzare qualcuno dei legittimi interessi, ma nel comporli tra di loro, con soluzioni creative.
Le linee guida allegate al codice deontologico del 2006 hanno di mira regole per impedire conflitti di interesse contingenti nell'ambito della sperimentazione, della formazione dei medici e della prescrizione di farmaci. Auspichiamo che siano efficaci, Ci sentiamo invece ancora al capolinea per quanto riguarda sussidi per affrontare i conflitti necessari, che sono quelli che oppongono i medici non all'industria, come nei casi menzionati, ma ai cittadini e ai manager. Potrebbero forse essere di aiuto i comitati per l'etica clinica. Ma avremmo bisogno di conoscere più esperienze positive in questo ambito.