Il medico servo di tre padroni

Book Cover: Il medico servo di tre padroni
Parte di Bioetica sistematica series:

Sandro Spinsanti

IL MEDICO SERVO DI TRE PADRONI

in I Quaderni di Vialba

anno 1, n. 1, ottobre 2000, pp. 19-21

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«Non si può servire a due padroni». La sentenza evangelica è stata utilizzata da un illustre clinico per dare forma all'atteggiamento dei medici nei confronti dei sistemi di finanziamento delle prestazioni sanitarie introdotti negli anni novanta. Voleva affermare che l’unico «padrone» del medico è il paziente, al cui migliore interesse è finalizzato l'intervento del sanitario. Senza mettere in discussione l'intenzione di chi l'ha applicata alla sanità, bisogna precisare che il principio secondo cui non si può servire due padroni, sacrosanto nelle questioni di fede, non si applica alle scelte che deve fare il medico. Perché i padroni che deve servire sono almeno tre.

Proviamo ad accantonare la metafora dei padroni e ad affrontare la questione da un’altra angolatura. Per esempio, quella proposta da A.S. Relman sul New England Journal of Medicine per periodizzare l'evoluzione della medicina nella seconda metà del XX secolo 1. A suo avviso, dopo l'epoca dell’espansione dei servizi sanitari a fasce sempre più ampie della popolazione e quella del contenimento della spesa, ha avuto luogo la rivoluzione della valutazione e del comportamento responsabile (assessment and accountability). Il secondo termine è difficile da tradurre. L'Enciclopedia della gestione di qualità in sanità 2 riporta sotto accountability la pungente osservazione di Indro Montanelli: «parola chiave della democrazia anglosassone. In Italia non è stata ancora tradotta». Indica il dovere di fornire un rendiconto di ciò che si è fatto a chi ci ha dato l'incarico (e ci paga lo stipendio o ci mette a disposizione le risorse). Quando questa rivoluzione ha luogo, il sistema della rendicontazione si arricchisce di una voce in più. Delle proprie scelte il medico deve rendere conto, oltre che a se stesso, anche a tre altre istanze: la scienza, il paziente e la società. Sono questi i tre padroni da servire.

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L’obbligo del medico di dar conto alla scienza non è nuovo. Già William Osler, il riformatore dello studio della medicina all'inizio del XX secolo, affermava che il medico non deve fare per il malato tutto ciò che è umanamente possibile, ma solo ciò che è scientificamente corretto. Si tratta di offrire i trattamenti efficaci, escludendo quelli dannosi o inutili. Il movimento della medicina basata sulle prove di efficacia non ha fatto che dare un giro di vite a un’esigenza che già esisteva nell'impianto della medicina ippocratica. È però una profonda innovazione nel comportamento di molti medici che adottano procedure diagnostiche e terapeutiche in modo autoreferenziale, ovvero solo perché sembrano funzionare.

Rispetto a un’organizzazione vecchia della medicina, gestita con autorità e paternalismo, oggi si richiede un coinvolgimento attivo del paziente nelle decisioni che lo riguardano.

L’irruzione della modernità in medicina ha portato l'esigenza di rendere conto anche al paziente di quanto si sta facendo a suo beneficio. Non basta fornire servizi di provata efficacia, bisogna anche farlo nel modo giusto. Ciò implica il rispetto dei valori soggettivi del paziente, la promozione della sua autonomia, la tutela della diversità culturale, intesa come un diritto rivendicabile. Rispetto a un passato in cui la medicina era organizzata in modo autoritario e gestita con stile paternalistico, oggi si richiede un coinvolgimento attivo del paziente nelle decisioni che lo riguardano 3. Buona medicina è quella che, oltre all'appropriatezza clinica, valutata dal professionista, considera auspicabile e rende possibile che il paziente partecipi alle decisioni che si ripercuotono sul suo benessere.

Nell’ambito della sanità intesa come pubblico servizio sta diventando quanto mai attuale il rendere conto delle scelte mediche alla comunità. La sanità pubblica, infatti, nasce da un «patto per la salute», come l'ha chiamato il Piano sanitario nazionale. L'attenzione dei sanitari e dei cittadini è stata deviata sugli accordi strategici tra i medici e il management delle aziende sanitarie per contenere la spesa, come se fosse questo l'obiettivo della nuova sanità. L'obiettivo è piuttosto quello di combattere sprechi e diseconomie per poter utilizzare al meglio le risorse comuni. Si tratta di mettere i servizi sanitari a disposizione di tutti quelli che ne hanno diritto e bisogno, contrastando le sperequazioni e le iniquità nell'accesso, che stanno creando un razionamento occulto sotto

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forma di liste di attesa. Un obiettivo che i vertici delle aziende sanitarie, anche i più illuminati, non potranno mai raggiungere senza la collaborazione dei medici. Potrebbero, sì, ottenere il pareggio di bilancio operando dei tagli nei servizi erogati, ma mai sarebbero in grado di mettere in piedi una sanità equa, qualora i medici decidessero che questo non è un loro compito.

Come si fa a servire tre padroni contemporaneamente? È la domanda legittima che sintetizza in modo efficace il dilemma con cui si trova confrontata la medicina dei nostri giorni. Dovremo forse cercare di dare diritto di cittadinanza al compromesso. Il termine ha pessima fama: i moralisti lo aborriscono e gli eticisti lo combattono, perché sospettano che indebolisca i principi. Eppure sembra l'unica via percorribile per chi in sanità deve imparare a vivere con soluzioni buone, anche se non ottimali.

Se è impossibile eliminare i conflitti di interesse, molto si può fare per aumentare la trasparenza.

La via del compromesso ci conduce alla stessa conclusione a cui giunge E. Haavi Morreim nell’articolo dell'Encyclopedia of Bioethics 4 dedicato al conflitto di interessi. Mentre una volta il dovere che nasceva dalla fiducia che il paziente riponeva nel professionista consisteva soprattutto nell'astenersi dallo sfruttamento volgare, oggi l’obbligo di porre gli interessi del paziente prima dei propri deve avere dei limiti: «Una delle più importanti e difficili sfide della nuova economia che regola la medicina consiste nel considerare non solo ciò che i sanitari sono obbligati a dare ai loro pazienti, ma anche i limiti di questi obblighi». In altre parole, i conflitti di interesse costringono a riscrivere le regole del gioco tra tutti coloro che sono coinvolti nel sistema di erogazione delle cure. Se è impossibile eliminare i conflitti di interesse molto si può fare per aumentare la trasparenza, consentendo ai consumatori di svolgere un ruolo determinante.

BIBLIOGRAFIA

1 S.A. RelmanAssessment and accountability. The third revolution in medical car, New Engl J Med 1988; pp. 319:1220-1222.

2 Morosini-F. Perraro, Enciclopedia della gestione di qualità in sanità, Centro scientifico edizioni, Torino 1999.

3 Comitato nazionale per la bioetica, Informazione e consenso all'atto medico, Presidenza del Consiglio dei ministri, Roma 1992.

4 H. Morreim, Conflict of interest. In W. Reich (a cura di), Encyclopedia of bioethicsMacmillan, New York 1995, pp. 459-465.