Il cittadino, il medico e l’Aids

Book Cover: Il cittadino, il medico e l'Aids
Parte di Sistemi sanitari series:

Jean-François Malherbe - Sergio Zorrilla - Sandro Spinsanti

Il cittadino il medico e l'Aids

Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991

pp. 5-7

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INTRODUZIONE

Questo libro non nasce da una progettazione organica, fatta a tavolino. È cresciuto per aggregazioni successive e alla sua composizione hanno preso parte molte più persone di quelle che appaiono in copertina. La sua prima origine va fatta risalire a un seminario interdisciplinare che ha raccolto studiosi di competenze e interessi diversi presso il Centre d’Études Bioéthiques dell’Università cattolica di Lovanio, per uno scambio approfondito. Il lavoro del seminario, che ha mobilitato le migliori forze degli specialisti convocati, dei ricercatori e degli studenti che offeriscono al Centro, è stato successivamente approfondito e amalgamato da Jean-François Malherbe e da Sergio Zorrilla, che hanno redatto la stesura su cui è stata fatta la traduzione. Si tratta essenzialmente dei primi tre capitoli, L’universo intersoggettivo dell’Aids, dedicato a una illustrazione delle relazioni interpersonali nel contesto dell'Aids; L’Aids e la crisi dell’etica medica, che tenta una ricostituzione dell’etica medica a partire dalla crisi che essa conosce con la diffusione dell’epidemia; L’Aids e la crisi sociale del soggetto contemporaneo, che riflette in modo più globale sul rapporto fra i significati centrali delle nostre società e la realtà dell’Aids. A questo nucleo originario è stata aggiunta una riflessione ulteriore, L’apporto sociale di un’etica religiosa, che colloca il fenomeno Aids all’interno di quell’orizzonte di senso e di azione costituito dalla religione.

Nel presentare l’originale francese, gli autori scrivevano:

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«Quest'opera non è fatta né per sedurre, né per rassicurare, colpevolizzare o provocare. Speriamo che si iscriva nell’esigenza di un dialogo responsabile tra i ricercatori e la società, chiarendo le sfide e sviluppando le posizioni. Speriamo con ciò di contribuire alla giusta presa in carico del fenomeno e all’adozione di misure adeguate». Veniva così circoscritto senza ambiguità l’ambito in cui si colloca la riflessione di un centro di bioetica. Una riflessione difficile, perché si pone controcorrente.

La rapida diffusione di un’epidemia così grave, e nei confronti della quale la scienza medica è impotente — almeno per ora, e chissà per quanto altro tempo ancora — ha scatenato forti reazioni emotive: una condizione, si sa, per nulla favorevole alla pacatezza della riflessione. La sanità, inoltre, si è trovata a far fronte alla sfida proponendo rapidamente misure efficaci per arginare il contagio: una situazione d’urgenza più consona ai politici (e ancor più ai demagoghi e ai fautori di clamorose misure repressive!...) che ai filosofi. La comunità cristiana, infine, è stata quasi presa in contropiede dal riemergere di viscerali condanne da parte di esponenti di un pensiero fondamentalista, pronto a strumentalizzare sensi di colpa in funzione di difesa dall’angoscia: le Chiese hanno subito una forte pressione verso prese di posizione delineate con rigidezza, situazione contraria all’annuncio di un messaggio articolato sulle esigenze pastorali e a una riflessione pacata.

Proprio la considerazione di questo contesto ci fa apprezzare maggiormente la scelta di un centro di bioetica di sottrarsi a pressioni dirette e indirette, per fare onore al suo nome e al suo fine istituzionale. Ha rifiutato di percorrere la via della facilità, riducendo l’etica alla produzione di regole di comportamento. Proprio la filosofia morale nell’ambito delle scienze biologiche e mediche confrontate con i problemi della vita e della salute — la bioetica, appunto — è molto sollecitata in questo senso. La riflessione filosofica conosce in questo campo una vera e propria popolarità, tanto che si potrebbe dire che il progresso bio-medico ha salvato la vita alla filosofia morale, sottraendola alle astrattezze della meta-etica

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e dei discorsi formali per riportarla nel vivo degli interrogativi quotidiani. Il prezzo che però l’etica rischia di pagare è pesante: viene ridotta al linguaggio delle pagine dei giornali, o ai superficiali schematismi dei dibattiti televisivi (favorevoli, contrari; lecito, proibito; morale cattolica, morale laica...).

Sottraendosi alla seduzione di un’etica passibile di immediato travaso nei media, gli studiosi dell’Università cattolica di Lovanio hanno condotto una riflessione rivolta anzitutto a capire la singolarità dei problemi posti dalla malattia: al cittadino e al credente, al medico e alla società. Si sono tenuti lontani dalle soluzioni, soprattutto da quelle facili che presuppongono un 'irresponsabile semplificazione dei problemi. Hanno piuttosto voluto circoscrivere il terreno d’incontro fra l’interrogazione individuale e quelle collettive, provenienti dalle professioni sanitarie, dalle misure di ordine pubblico e tutela della salute, dalla prassi della fede cristiana. È la prima condizione perché l’epidemia incontri sul suo cammino non un’umanità istericizzata dalla paura, ma l’Homo sapiens.