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- Guarire «tutto» l'uomo
- Come si diventa bioeticisti: il cammino di una professione discussa
- L'etica per una medicina umana
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- L’antropologia medica di Viktor von Weizsäcker: conseguenze etiche
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- Per una medicina più umana
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- Servizio di bioetica: che cos'è?
- Il processo di cambiamento nella sanità italiana
- Formarsi alla nuova sanità
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- Bioetica e formazione permanente del personale sanitario
- Stagioni dell'etica e modelli di qualità in medicina
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- Formarsi alla nuova sanità
- La qualità nei servizi sociali e sanitari: tra management ed etica
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- Il buon ospedale: modelli di qualità in prospettiva storica
- La cultura del limite nell'agire medico: quando meno è meglio
- Is prevention an ethical problem?
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- L'azienda sanitaria e i malati
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- Miglioramento della qualità
Sandro Spinsanti
FORMARSI ALLA NUOVA SANITÀ:
SENSO E FUNZIONE DEI CORSI DI MANAGEMENT SANITARIO
in Agenzia sanitaria italiana
anno 4, n. 37, 16 settembre 1996, pp. 27-28
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Lo scenario della sanità che in Italia è stata avviata con il disegno di riordino del Servizio Sanitario Nazionale (D.L. 502/1992 e 517/1993) è efficacemente descritto da una frase del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1994-1996, là dove vengono presentati gli obiettivi del Piano stesso: "Non esiste più il sogno utopistico di uno Stato che si proponga di rispondere a tutti i bisogni di salute dei cittadini; in sanità sarà sempre più pesante la divaricazione tra domanda e offerta, perché la società invecchia ed è sempre più affetta da malattie degenerative. Questi cambiamenti di scenario impongono la dura necessità di fare delle scelte, sia a livello macro sia a livello microeconomico, al fine di riuscire a massimizzare i benefici otteni-bili dalle risorse disponibili".
Per molti, anche coloro che sono stati investiti nei più alti ruoli della guida della sanità, questo nucleo duro del cambiamento ― la necessità di contenere i costi di un servizio sanitario che rischi di sfuggire a ogni controllo ― ha caratterizzato l'essenza della nuova sanità. L'aziendalizzazione è stata intesa esclusivamente come un impegno a realizzare un pareggio di bilancio. Non è questo il senso del cambiamento come è inteso dal Piano Sanitario Nazionale. Subito dopo la frase relativa all'orizzonte delle risorse limitate, infatti, leggiamo un invito a trascendere il solo piano economico in sanità:
"La necessità di ripensare a fondo il profilo stesso di un programma sanitario per il paese si presenta come una straordinaria opportunità per ridefinire il progetto di civiltà, che è l'obiettivo di una politica della salute. Per anni si è pensato che la promozione della salute richiedesse solo nuovi investimenti in tecnologie, strutture e personale sanitario, nella fiducia di ottenere solo da tale impegno un migliore livello di salute. L'inversione di rotta cui il momento attuale costringe punta a un miglioramento che si sviluppa sotto il segno della qualità, più della quantità. La pressione della scarsità delle risorse orienta a immaginare un servizio alla salute che accetti il senso positivo la sfida dell'autolimitazione".
La duplice indicazione del Piano Sanitario Nazionale ― la restrizione dell'offerta dei servizi sanitari causata dalla scarsità delle risorse e il passaggio dal paradigma della crescita quantitativa a quello della qualità dei servizi erogati ― si trova in perfetta sintonia con i risultati di un'ampia ricerca ― Il futuro della sanità in Europa ― che ha coinvolto 3.000 esperti di una decina di paesi. Gli studiosi interrogati hanno identificato due sfide comuni a tutti i sistemi sanitari nei prossimi anni: migliorare la qualità dei servizi e contenere i costi. Se questo è lo scenario non solo del processo di innovazione avviato in Italia, ma della sanità europea in generale nel prossimo quinquennio, il compito che si impone in modo prioritario è quello di affrontare il rinnovamento necessario predisponendo la cultura che lo favorisce.
Per chi si preoccupa oggi di fare "buona medicina" non è più sufficiente riferirsi alle ultime acquisizioni della ricerca e della clinica, mediante la consultazione accurata delle pubblicazioni scientifiche registrate da Medline e Index Medicus. Oltre a questo, deve anche considerare l'impatto che ha sulle scelte cliniche il riferimento ai valori condivisi e tener presente le limitazioni che derivano dal contenimento dei costi. In altre parole, non si può fare buona medicina trascurando i saperi che afferiscono alle medical humanities, in particolare l'etica e l'economia. Per quanto diversi come saperi normativi, etica ed economica guardando nella stessa direzione e agiscono in sinergia nel promuovere una pratica della medicina commisurata ai bisogni umani così come si presentano nel concreto contesto dell'attuale crisi di quella sanità che era stata pensata nella fase dello sviluppo dello Stato sociale.
Oltre all'economia e all'etica, un terzo vettore dell'innovazione è fornito dall'aspetto organizzativo o manageriale, quale componente della professionalità medica. Dopo la stagione che ha visto la presenza invadente ― e spesso incompetente ― dei politici nella gestione della sanità, il pendolo torna a oscillare verso un coinvolgimento diretto del corpo sanitario nelle scelte che riguardano l'allocazione delle risorse e l'organizzazione. Non per nostalgia di un'epoca in cui il medico, come "capitano della nave", guidava la rotta in modo assolutistico. La società complessa non rende più possibile un modello di questo genere, anche se ispirato al paternalismo più illuminato. Non si tratta, quindi, di auspicare la regressione verso un modello di medico onnisciente, ma piuttosto di promuovere la crescita professionale integrando il sapere e il saper fare del medico in ambito terapeutico con competenze organizzative.
Il cambiamento della cultura medica che ciò implica non è di poco conto. La "produttività" ― termine bandito dall'orizzonte delle preoccupazioni dei sanitari, perché considerato contrario al rispetto dovuto al malato ― dovrà entrare nel linguaggio quotidiano di chi lavora in sanità. Anche l'etica, intesa come rispetto per la soggettività del paziente e come attenzione per la qualità del servizio prestato e per la soddisfazione del paziente, deve avere nella pratica quotidiana della medicina uno spazio non marginale. E di tale etica i sanitari devono essere i soggetti attivi : non darla semplicemente in appalto a filosofi, teologici, bioeticisti ed altri esperti, per limitarsi al consumo di prescrizioni comportamentali elaborate da altri.
La conquista di un ruolo attivo nell'elaborazione di una riflessione etica, nella gestione delle risorse e nella promozione della qualità si rivela anche come la via regia per la rimotivazione dei professionisti. Della svolta verso la "aziendalizzazione" della sanità non si deve sottovalutare un elemento fondamentale dell'organizzazione del lavoro richiesto dall'azienda : la condivisione di obiettivi comuni (in termini aziendalistici, si parla di "mission"), allineando tutte le forze in un piano strategico comune. Se si supera il senso di spaesamento creato da una terminologia che è stata finora estranea al mondo della sanità, si può scoprire che la sostanza di ciò che è richiesto dalla riforma in atto è perfettamente sintonica con quanto vivono coloro il cui lavoro consiste nel promuovere la salute.
Se queste sono le dimensioni del cambiamento in atto nella nostra sanità, si può convenire che l'attuazione
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del riordino esige prioritariamente un impegno formativo dei dirigenti, come ha riconosciuto lo stesso Ministero della Sanità deliberando l'istituzione di corsi ad hoc (D.L. n. 513 del 28/8/1994). La realtà, tuttavia, è ben lontana dalle esigenze riconosciute. A fronte dei ritardi che caratterizzano l'avvio dei corsi di formazione previsti dal Ministero, si registra un proliferare di iniziative formative che tuttavia per lo più trasferiscono in sanità una logica tipica dell'azienda, mentre è lontana dalle esigenze proprie dei servizi sanitari, rivolte a stabilire e tutelare il bene della salute (cfr. Andrea Cambieri, La formazione manageriale sanitaria in Italia: analisi dell'offerta, in L'Arco di Giano, n. 7, 1995, pp. 111-126). Si impone invece la necessità di un intervento formativo che parta dal sapere e dall'esperienza propria dei sanitari, promuovendo le nuove competenze senza abdicare a ciò che è caratteristico delle professioni della salute.
Il passaggio dalle proposte teoriche di formazione per realizzare la nuova sanità alle realizzazioni pratiche si rivela cruciale. Per questo sarà opportuno tenere in debita considerazione i modelli concreti di formazione, per misurarli con le esigenze rivendicate in linea di principio. In tal senso merita un'attenzione particolare il progetto in corso di realizzazione presso l'Azienda USL n. 4 "Alto Vicentino". L'azienda sanitaria, tramite i suoi vertici dirigenziali, ha deciso di pilotare il cambiamento mediante la realizzazione di un progetto formativo pluriennale, destinato al miglioramento della qualità dei servizi erogati. Il progetto è stato elaborato dall'istituto Giano per la Medical Humanities e il management in sanità (Roma). Anche il corso, come già l'istituto stesso. È stato concepito sotto il segno di Giano. Non sembri retorico invocare, nel contesto della sanità propria delle società più avanzate, una figura mitica tratta dalla più alta antichità. Giano, una divinità intrigante e ricchissima di spessore simbolico ― tanto da essere tradizionalmente utilizzata per visualizzare la condizione della medicina, chiamata a guardare contemporaneamente al le scienze della natura e alle scienze dell'uomo, abbinando sapere scientifico ed arte del guarire ― nell'antichità romana era preposto alle transizioni e ai cambiamenti. Anche la nuova sanità è un passaggio critico. Si tratta di andare verso il futuro continuando a guardare anche nella direzione del passato, coniugando l'innovazione con la necessaria conservazione dei valori che nella pratica dell'erogazione delle cure hanno tradizionalmente costituito una dimensione essenziale della buona medicina.
Il corso di formazione, che ha deciso di affrontare la sfida della qualità così come si pone nei termini attuali, è stato avviato nel mese di marzo scorso e si svilupperà in diverse fasi. La prima fase ― "Conoscere il cambiamento" ― si è svolta nei mesi di marzo-giugno. Ha avuto la caratteristica di essere rivolta a tutto il personale dipendente dell'azienda sanitaria, in totale 1.900 persone. La novità del progetto consiste nel coinvolgi mento diretto di tutti gli operatori, i quali vengono messi in grado di riconoscere le linee fondamentali del cambiamento avviato dai decreti legislativi di riordino. È un processo informativo che deve anche permettere che si esplicitino i valori dell'azienda, la sua "mission" e le scelte strategiche della dirigenza. L'attenzione rivolta agli operatori della "prima linea" è una diretta conseguenza dell'ampliamento del concetto di qualità che è sottostante a tutta la nuova sanità.
Quando si considera la qualità percepita dal paziente, gli elementi decisivi non sono quelli valutati dal professionista (e dai quali, in ogni caso, non potremo mai prescindere se vogliamo una medicina di qualità), bensì elementi marginali rispetto alla sostanza dell'atto medico o servizio sanitario erogato. Ci muoviamo, in altre parole, in quell'area che nei decreti legislativi di riordino viene presa in considerazione nel Tit. IV: "Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini". Gli indicatori della qualità dei servizi individuati nell'articolo 14 riguardano la personalizzazione e umanizzazione dell'assistenza, il diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere e alla prevenzione delle malattie. Gli operatori di prima linea sono i sensori più qualificati per cogliere questi aspetti della qualità e per avviare i progetti più adeguati per il miglioramento.
Tutti i dipendenti di un'azienda sanitaria devono essere mobilitati perché ci sia qualche possibilità che la sfida della qualità possa essere affrontata con esiti positivi. L'impostazione efficientistica che predomina nella fase attuale dell'aziendalizzazione della sanità tende ad accentuare unilateralmente la produttività. Ma la "catena di montaggio" è contro la qualità dei prodotti, soprattutto se si tratta di atti medici. Tra qualità e quantità ― che sono due dimensioni necessarie e irrinunciabili di una pratica responsabile della medicina ― dovrà stabilirsi un equilibrio "ecologico" (come avviene in quelle nicchie ambientali dove vivono specie interdipendenti: se le volpi ― per fare un esempio ― mangiano tutti i conigli, il loro successo si tramuta in una catastrofe, che porta alla loro stessa estinzione ...). Il trionfo della quantità delle prestazioni, a danno della qualità, può essere visto come una catastrofe annunciata. Tutti gli operatori dei servizi sanitari ― non solo i medici, ma anche coloro che svolgono ruoli più tecnici e complementari ― devono collaborare per poter fornire servizi che siano percepiti dai cittadini come servizi di qualità, pena la fuga dei pazienti dalle strutture che mirano solo alla qualità dei prodotti. Per questo la qualità non potrà essere ottenuta solo da qualcuno: dovrà essere l'impegno congiunto di tutti. Di qui l'impotenza, nella prima fase del progetto globale di formazione, di rivolgersi a tutti indistintamente i dipendenti dell'azienda sanitaria. La seconda e la terza fase del progetto di Thiene e Schio, programmate per l'autunno prossimo, sono pensate come strettamente interconnesse. Si tratterà della "formazione dei formatori" (fase 2) e della promozione di progetti pilota di qualità (fase 3). I "formatori" sono un gruppo di dipendenti dell'azienda sanitaria, identificati dalla dirigenza e investiti di un mandato formale di dedicare parte del loro tempo lavorativo alla progettazione, esecuzione e verifica di specifici interventi migliorativi nell'erogazione dei servizi sanitari. I formatori, persone con diversa qualificazione ― medici, infermieri, assistenti sociali, amministrativi ― sono scelti secondo criteri che si armonizzino con un profilo ideale che metta in piena evidenza la capacità di lavorare per obiettivi. Saranno introdotti nel loro compito specifico e nella metodologia dei progetti mediante seminari intensivi a loro dedicati.
Dopo l'individuazione e la formalizzazione dei progetti di qualità della fase pilota ― scelti tenendo conto delle priorità strategiche dell'azienda e della disponibilità dei Servizi o Reparti di coinvolgersi nel cambiamento ― saranno stabiliti dagli appuntamenti a cadenza mensile per analizzare lo stato di avanzamento dei progetti, le difficoltà e le realizzazioni. I "formatori", coadiuvati da esperti dell'istituto Giano in funzione di supervisione, seguiranno lo sviluppo dei progetti. Questo tirocinio costituirà una opportunità sistematica di formazione per i formatori stessi, i quali possono così diventare una risorsa dell'azienda stessa per la prosecuzione del cambiamento.
Per la conclusione e la presentazione dei progetti dell'azienda nel suo insieme è prevista una iniziativa a carattere pubblico e ufficiale.